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CAPO VII. 127

mente considerava Strabone1, che fintantochè gli Etruschi rimasero a questo modo uniti nelle imprese, acquistarono grande potenza: laddove, in progresso di tempo, discioltosi quell’ordine di governo, le città divise cederono l’una dopo l’altra all’ardimento de’ vicini. E qualora accortamente noi stessi avvisiamo alla qualità del governo federativo, disposto meno all’ingrandimento, che alla limitazione del dominio, dovremo tener per vero che le straordinarie sorti dell’Etruria, finor narrate, fossero da attribuirsi principalmente alla virtù di chiari ed illustri magistrati, i quali bene adoperassero tutto lo sforzo della unione: in quella guisa che la saviezza di Arato, il valor di Filopemene, e lo zelo di Licorta, eminentemente sostennero nella repubblica degli Achei la spirante libertà della Grecia. Rappresentava il forte d’ogni città dell’Etruria una poderosa aristocrazia, privilegiata del dritto degli auspicj, e naturale aiutatrice e conservatrice del prescritto ordine politico. Quando tratteremo appresso più distesamente del governo civile, diremo qual si fosse il propio essere di questo patriziato sacerdotale, e quale altresì la condizione dello stato plebeo nella città sotto la clientela de’ più potenti. Ma tanto è ardua in giurispru-

  1. Τότε μὲν οὗν ὐφ’ ἑνὶ ἡγεμόνι ταττόμενοι, μέγα ἴσχυον. Χρόνοις δ’ ὕστερον διαλυθῆναι τὸ σύστημα εἰκὸς, καὶ κατὰ πόλεις διασπασθῆναι βίᾳ τῶν πλησιοχώρων εἴξαντας. v. p. 152. Nam Thuscia Lucumones reges habebat, et maximam Italiæ superaverat partem. Serv. viii. 65.