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152 CAPO XXII.

delle cose divine1 e l’autorità delle umane: così pure in Sannio le gentili schiatte2. Non dissimili privilegi e sacerdozj affissi a un casato sussistevano al pari in Oriente e in Grecia nel tempo antico: la stessa eredità nelle funzioni sacerdotali era un costume egizio. Nè quindi troppo superbamente per tanta maggiorità di grado al mondo andavano i sacerdoti dicendo, aver gl’iddii immortali concessa loro uguale supremazia che ai regnanti3. Ma non mai in Etruria, nè altrove in Italia, la qualità di prete e di guerriere furono tra se distinte e divise con l’odioso sistema delle caste: tutt’al contrario il servizio dell’ara non era punto incompatibile cogli ufizi militari e civili: uno stesso individuo vi maneggiava alla volta il lituo e la spada4. Il capo degli aruspici portava il titolo di supremo o primario di quell’ordine5. Ed ogni città principale dell’Etruria, siccome teneva ordinate scuole sacerdotali, così aveva il proprio collegio di

  1. Claud. Caes. ap. Tacit. xi. 15.; Cicer. ad Familiar. vi. 6.
  2. Liv. x. 38.
  3. P. (auct. anonim.) in commentatione de Baccho dixerit regibus et sacerdotibus justis aequales esse honores atque appellationes ab ipsis Diis immortalibus impertitos. Lyd. de Mens. p. 276.
  4. Così Virgilio, pittor de’ costumi, descrive Asila, uno dei duci toscani, colla doppia qualità d’aruspice e di guerriero (x. 175 sqq.): ed ugualmente Umbrone sacerdote marso, e Rannete augure dei Rutuli. vii. 750., ix. 327.
  5. Summus Haruspex. Cicer. de Div. ii. 24. In lapidi romane si trova più volte chiamato primo aruspice, ed auche Aruspex primus de lx. Gruter. p. ccciv. 6. 7. 8.