Pagina:Storia degli antichi popoli italiani - Vol. II.djvu/32

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26 CAPO XIX.

Liburni per mezzo della penisola degl’Istri, che Scimno Chio chiama Traci. Ma del racconto che udì Erodoto non può farsi caso veruno: e ne scema di più la credenza il veder che Polibio, il quale conosceva ottimamente gl’Illirj e potea distinguere l’idioma loro, afferma bensì che i Veneti avean lingua diversa dai Celti, ma non dice già ch’ella tenesse qualcosa dell’illirica1. Nè mai in verun altro scrittore o greco o romano, conoscente gl’Illirj, si trova che questi avessero agnazione coi Veneti. All’opposto i Greci, posteriori ad Erodoto, e forse Timeo alla loro testa, trovarono nel nome degli Eneti materia per accomodarvi fatti e leggende narrate dai Ciclici: come la trasmigrazione del profugo Antenore co’ suoi troiani, ed una moltitudine di quegli Eneti di Paflagonia, che perduto il re Filamene vollero seguire la sorte del duce troiano, il quale, venutosene in Tracia, passò di colà in Italia a fondar l’impero nel fondo dell’Adriatico2. Dice Polibio3 che molte cose narravano i tragici favoleggiando intorno ai Veneti. Sofocle, nella presa di Troia4, raccontava tutto il fatto di Antenore: nè certo egli era il solo, poichè la ve-

  1. Polyb. ii 17. Plinio distingue parimente la lingua de’ Veneti dalla celtica: Halus autem quam Galli sic vocant, Veneti cotoneam.
  2. Meandrius ap. Strab. xii. p. 374. 380.; Scymn. Ch. 358; Serv. i. 243: non Illyricum, non Liburniam sed Venetiam tenuit.
  3. ii. 17.
  4. Ἰλίου ἅλωσις. ap. Strab. xiii. p. 418