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118 Storia dei Mille narrata ai giovinetti

ma s’accorgevano d’essere dinanzi a gente che doveva sapere star in battaglia.

Mancava poco al mezzogiorno.


Il combattimento.


Dal 1814 quando i napolitani di Murat salirono fino al Po, senza saper bene se si sarebbero incontrati amici o nemici coi loro vecchi commilitoni dell’esercito italico del Vicerè Eugenio; e poi si offesero scambiando con essi delle cannonate: da allora non si erano più trovati di fronte italiani delle due parti estreme, armati per darsi battaglia. L’ora dunque era solenne.

I due piccoli eserciti stettero ancora un pezzo a guardarsi. Garibaldi su di una sporgenza del colle, tra certe rocce che gli facevano riparo dinanzi a mezzo la persona, stava con Türr, Sirtori, Tuköry, osservando il nemico. Aveva dato l’ordine di tener chete le Compagnie che non sparassero, e queste stavano chete, anzi a terra sdraiate.

I Carabinieri genovesi erano stati messi avanti a tutti, già un po’ giù nel pendìo verso il nemico: dietro di loro la 8ª e la 7ª Compagnia giacevano stese in cacciatori a quadriglie, e così era formata da loro la prima linea. La 6ª e la 5ª Compagnia sul ciglio del colle, sdraiate anch’esse in ordine aperto formavano la seconda linea; tutto il battaglione di Bixio, e cioè la 4ª, la 3ª e la 2ª Compagnia, stavano in riserva sul versante dalla parte di Vita, ma solo pochi passi dal ciglio; più in giù, quasi alla falda, era rimasta la 1ª Compagnia, quella di