Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
2 | Storia dei Mille narrata ai giovinetti |
essa, e col suo grande statista Bettino Ricasoli risoluta d’unirsi al regno di Vittorio Emanuele. Intanto quelle regioni si chiamavano, tutte insieme, Italia centrale.
Quello Stato provvisorio era tranquillo come se non ci fosse in aria nessuna minaccia, ma senza mostrarne paura, conosceva i pericoli tra i quali viveva. L’Austria, che non aveva potuto aiutar con l’armi i principi fuggiti a tornare, dichiarava caso di guerra l’ingresso anche d’un solo soldato piemontese nell’Italia centrale: la Russia era apertamente ostile non soltanto a che Toscana e Ducati e Legazioni si unissero al regno di Vittorio Emanuele, ma ancora a che si scegliessero un Sovrano: la Prussia consigliava il Piemonte di rimetter esso stesso in trono i principi fuggiti. I diplomatici italiani avevano un bel dire fin da allora ai prussiani che la Germania mostrava desiderio di rompere i legami posti anche a lei dai trattati del 1815: quegli uomini di Stato, sebbene sapessero che presto la Germania avrebbe fatto ciò che già faceva l’Italia, insistevano perchè il Piemonte si contentasse della Lombardia, si consolidasse bene e lasciasse tempo al tempo. In quanto a Napoleone III, questi diceva di non voler correre i rischi di una nuova guerra che l’Austria avrebbe immancabilmente intrapresa se fosse avvenuta l’annessione dell’Emilia e della Toscana al nuovo regno; ed erano avversi all’Italia la Spagna, la Baviera, persino il Belgio.
Sola l’Inghilterra si mostrava amica al nuovo Stato, che si veniva formando; sola suggeriva agli Italiani dell’Emilia e della Toscana di stare saldi nella loro risoluzione. Al Piemonte consigliava di fare, di osare senza domandare e di non darsi briga nè dell’Austria nè della