Pagina:Storia dei Mille.djvu/182

Da Wikisource.
168 Storia dei Mille narrata ai giovinetti

minare con l’olio santo in mano, sull’orlo d’un borro tutto balzi e sfasciume. Eppure, per quella traccia calò senza disgrazie tutto quel mondo, anche Garibaldi che andava su d’un cavallo molto tranquillo, che finì poi nelle mani di Alberto Mario, cui fu donato.

Perduto alquanto tempo a riordinarsi giù a piè del monte, la colonna si rimise in marcia lenta e silenziosa. Ululavano per la campagna a sinistra i cani da lontanissimo; da destra muggiva il mare; non era molto buio; faceva quasi freddo, per la gran guazza.

Nel piano, la via correva fiancheggiata da muriccioli a secco tra oliveti, e a tratti fra case mute e tetre. Da una di quelle case là attorno, veniva un tintinno di pianoforte, che ora si udiva ora no, e dava una di quelle malinconie che son fatte di dolore, d’amore, di speranza, di desideri, d’un po’ di tutto ciò che è gentile in noi. Chi mai sonava in quell’ora tanto tranquilla, mentre stava per cominciare la musica della morte?

E pareva che fosse ancora molto lontano il gran punto, il gran momento, e che l’alba volesse venire più presto del solito, troppo presto. Perciò fu fatto incalzare il passo, ma sempre più raccomandando il silenzio. Poi la colonna sboccò nella via Consolare. Allora le compagnie dei Cacciatori delle Alpi si misero per quattro, serrando così più sotto, con l’ordine di tirar avanti senza badare a chi si arrestasse, e di stringersi ai muri degli orti. I cuori battevano già. Ma ad un tratto li schiantò addirittura un uragano di grida e di fucilate scoppiato alla testa, perchè a un certo punto che si chiama Molino della Scafa, i Picciotti, credendo forse d’essere già alle prime case di Palermo, si misero ad urlare. E molti di