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182 Storia dei Mille narrata ai giovinetti

riceveva notizie, dava ordini, riposava. Giovanni Basso da Nizza, suo segretario e compagno sugli oceani, Giovanni Froscianti da Collescipoli antico frate, Pietro Stagnetti da Orvieto, veterani della Repubblica romana, gli facevano guardia: dall’altra parte della piazza, nelle scuderie del palazzo Serradifalco, stavano sellati i cavalli delle Guide. E sul portone di quel palazzo si vedeva Giovanni Damiani, vigile come un’aquila, pronto a qualche partito supremo di Garibaldi, se forse fosse venuta l’ora della disperazione.

Di quelli che andavano e tornavano, taluni si sentivano chiamar dentro dagli usci di qualche casa o palazzo socchiusi. E là nei cortili, sotto i porticati, giù nei sotterranei, trovavano donne, uomini, fanciulli, signori e servi; e questi a gara se li pigliavano in mezzo curiosi, e li tempestavano di domande: e di dove erano, e come si chiamavano, e se avevano madri, sorelle. E stringendo loro le mani, tastavano se queste erano fini; maravigliavano a udirli parlare da gentili uomini. Li ristoravano di cibi e di vini squisiti; empivano loro le tasche di biancherie; mostravano le coccarde tricolori, triangolari come l’isola; li baciavano, li pregavano di farsi portar da loro se mai cadessero feriti. E le donne esaltate congiungevano le mani come in chiesa; e le fanciulle sorridevano estatiche nei grandi occhi lucenti; e poi a veder coloro andarsene, piangevano come sorelle amorose.

Nei posti in faccia al nemico, quelli che vegliavano, ricevevano le notizie delle cose avvenute altrove. Ai Benedettini, Giuseppe Gnecco, carabiniere genovese, si era lanciato alla gola di un ufficiale borbonico e lo aveva tratto via seco prigioniero. Là e là, i tali e i tali della tale