Pagina:Storia dei Mille.djvu/228

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II

pagine che più profonda impressione ci hanno lasciata nell’anima.

L’autore non ha voluto fare un libro di storia; così che non ha se non rapidamente toccato, dove il farlo non noceva ai suoi intenti artistici, dei precedenti e dei preparativi, anche diplomatici, dell’impresa. Vittorio Emanuele, Cavour, Mazzini sono figure appena accennate nello sfondo; e l’opera, nefasta o amica, dei Borboni di Napoli o del Governo inglese, si presume o s’indovina più che non si veda. All’artista preme il quadro, con la figura del suo eroe nel centro: e la sua è riuscita una bella opera d’arte. D’un’arte che, s’intende, non ha nulla, nemmeno il più piccolo particolare, falsato o svisato; dacchè l’artista, il quale conobbe e vide da vicino gli eroi e quegli eroici fatti, ha la serena convinzione che nessuna fantasia potrebbe aggiungere nulla nè alla grandezza degli uni nè alla schietta poesia degli altri.

La Commissione, proponendo il premio per questo eccellente volume, è lieta di potere così far partecipare, in qualche maniera, l’Istituto a quel tributo di grata ammirazione che in quest’anno, centenario della sua nascita, l’Italia e il mondo hanno pagato al baldo campione della libertà. E non è senza legittimo orgoglio che essa rileva che lo storico e partecipe di quella impresa audace e gloriosa è uno di quegli spiriti gentili in cui l’amor di patria nacque e divenne gagliardo con l'amore delle lettere; e che esso è figlio di quella terra generosa, che tante nobili vite consacrò alla più degna delle conquiste, quella della patria.


La Commissione, unanime, propone dunque che il premio triennale Ciani, sia dato a G. C. Abba per il suo volume La storia dei Mille.