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A Talamone 39

egli repubblicano; ma deluso, ora se ne andava, e se ne andavano con lui quei pochi, però senza che fosse fatto a loro nessun raffaccio. Rinunciavano per la loro idea ad una delle più grandi soddisfazioni che cuor d’allora potesse avere, e il sacrificio meritava rispetto.


I Mille.


Ma cosa si stava a perder tempo in Talamone, mentre in Sicilia la rivoluzione pericolava, e si poteva, giungendovi, trovarla spenta? Questo lo sapeva Garibaldi.

Intanto su quella spiaggia i Mille si vedevano bene tra loro la prima volta, come in una rassegna.

Ora, chi parla di quei tempi e di quelle cose, dice presto: il 1860, la Sicilia insorta, il gran nome di Garibaldi, quello di alcuni suoi illustri, la partenza da Quarto, la traversata maravigliosa, lo sbarco a Marsala, Calatafimi, Palermo e la liberazione finale; due o tre date e un numero d’uomini, pochi più di Mille, e per la storia in grande è quasi tutto.

Ma quei Mille chi erano? Che cosa erano? Non certo una specie di compagnia di ventura all’antica; non una parte di vecchio esercito costituito, staccata a scelta o per caso; nessuna legge li obbligava, non erano soldati di professione, non avevano tutti quella media di età che di solito hanno i soldati; non una cultura comune ed uguale, e nemmeno una divisa uniforme. Vestivano quasi tutti alla borghese e alle diverse fogge, dalle quali, a quei tempi, si riconoscevano ancora a qual regione d’Italia e a