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44 Storia dei Mille narrata ai giovinetti

per supplicarli a smettere il loro disegno d’andar a morire; le loro risposte a Mazzini che li consigliava di serbarsi a tempi migliori; e poi l’imbarco, il tragitto nell’Ionio e lo sbarco sulla spiaggia di Crotone, presso la foce del Neto, — che nomi! — e il primo scontro a San Benedetto coi gendarmi borbonici, e le plebi sollevate a suon di campane a stormo contro di loro gridati Turchi; e il secondo scontro a San Giovani in Fiore, — poesia, poesia di nomi! — e l’inutile eroismo contro il numero, e la cattura e la Corte marziale e le risposte ai giudici vili e la condanna e la fucilazione nel Vallo di Rovito; tutto sapevano, tutto come canti di epopea studiati per puro amore. E suonava nei loro cuori la strofe amara ed eroica del canto di Mameli:

L’inno dei forti ai forti,
Quando sarem risorti
Sol li potrem nomar.

Un po’ più in qua negli anni, quei giovani avevano sentito il grido di Pio IX: «Gran Dio, benedite l’Italia!» andato a suonare fin nei più riposti tugurii. Avevano viste le rivoluzioni nelle quali, troppo fanciulli, non avevano potuto cacciarsi; e le guerre del ’48 e del ’49, e le cadute, e le disperazioni, e le speranze rinate; e nel ’57 la gran tragedia di Carlo Pisacane coi suoi trecento, tra plebi mutatesi anche allora in furie contro di loro andati per redimerle, combattuti, accerchiati, oppressi, morti.

Ma dunque tutte le spiaggie del Regno erano tombe aperte per chiunque tentasse portarvi un po’ di libertà? Crescevano le febbri in quei cuori.