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232 dei fatti de’ langobardi

e rubarono tutto quanto loro capitò nelle mani: e poi data la città stessa alle fiamme strascinarono schiavi tutti coloro che ivi trovarono; dolosamente però lor promettendo, che gli avrebbero collocati sui confini della Pannonia, dai quali eglino s’eran partiti. I quali tornando alla patria, poichè furono giunti al campo da loro chiamato sacro, deliberarono di mandare a fil di spada tutti i Langobardi maggiori di età; e di divider fra loro colla sorte della cattività le donne e i fanciulli. Tasone, Cacone e Radoaldo, figli di Gisulfo e di Romilda, inteso il maligno disegno degli Avari, saliti repente sui loro cavalli si danno alla fuga. Uno de’ quali, dubitando che il suo fratello Grimoaldo, per essere ancor piccino non potesse tenersi fermo sul corridore, stimando che per lui fosse meglio morire, che sopportare il giogo di schiavitù, deliberò d’ammazzarlo. Nell’atto dunque che sollevò la lancia per ferirlo, il fanciullo piangendo esclamò. Ah! non mi pungere, che so ben reggermi sul cavallo. E l’altro allora allungata la mano lo prese per un braccio, e il pose sulla groppa ignuda del cavallo, confortandolo a tenersi saldo quanto potesse. E il fanciullo afferrando la briglia fuggì anch’e-