Pagina:Storia dei fatti de Langobardi - vol 1.djvu/36

Da Wikisource.

libro i. capo ii. 21

ti, contrastando loro ad ogni costo il passaggio sui propri confini. I Langobardi mirandosi in faccia un gran numero di nemici non osavano, per la scarsezza dell’esercito, venir con essi alle mani: se non che la necessità suggerì loro un consiglio. Fingono adunque d’aver nei loro alloggiamenti certi cinocefali, cioè uomini colla testa di cane, e fanno correr la voce fra i nemici, essere costoro nella guerra pertinacissimi, e talmente sitibondi di umano sangue, che se non poteano giungere l’inimico, col proprio si dissetavano1. E per accrescer fede a sì fatta invenzione dilatano le trabacche, e ac-

  1. Il Gibbon racconta questo fatto anzi da oratore che da istorico. "Più feroci ancora dei Germani, essi compiacevansi nello spargere la spaventevol credenza, che le loro teste erano formate come le teste dei cani, e che essi bevevano il sangue de’ nemici vinti in battaglia" (loc. cit.). Ma nel modo che il fatto è raccontato da Paolo non può giudicarsi parto di naturale ferocia, bensì invenzione della mente aguzzata dalla necessità. In fine i Longobardi non l’usarono che come stratagemma militare. È però vero, che di questi cinocefali correva nel mondo la credenza. Plinio l’aveva convalidata: Cynocephalos hominum monstra canino capite et latratu apud Indos (lib. 6 cap. 30). Attila se ne valse per ispargere il terrore della sua persona nei popoli che assaltava; e talmente vi riuscì, che tuttora nel volgo sussiste l’opinione ch’ egli avesse la testa di cane, e che parlasse latrando.