48 |
dei fatti de’ langobardi |
|
te queste parole, non potendo sopportare il rossore s’dirarono terribilmente, e già si accingevano a vendicare le aperte ingiurie; e i Langobardi dall’altro canto pronti a combattere, tutti in un punto impugnarono i brandi 1. Quando il re, balzando fuor dalla mensa, si pose in mezzo di quelli e calmò l’ira de’ suoi, minacciando di punir tosto colui che primo avesse ardito di metter la mano all’armi; perché, disse, non è accetta a Dio la vittoria di colui, che in casa propria uccide il nemico2. Così finalmente acquietata la rissa, tornano con lieto animo a finire il convito. Poscia Turisendo prendendo le armi di suo figliuolo Turismodo le consegnò ad Alboino, e salvo lo rimandò in pace al paterno regno. Alboino ritornato al padre divenne da quel giorno suo commensale: e mentre lieto in compagnia di lui godeva le reali delizie, raccontò ad una ad una le cose che gli erano
- ↑ Ad convivia prodeunt armati.
- ↑ Cesare fa un’insigne testimonianza dell’ospitalità di queste nazioni: Hospites violare nefas putant. Qui quave de causa ad eus venirent ab injuria prohibent, sanclosque habent (De Bell. Gall. VI. 23). Nè meno onorevoli sono le parole di Tacito: Quem cumque mortalium arcere tecto, nefas habetur (ibid. 21).