Pagina:Storia del Collegio Cicognini di Prato.djvu/89

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sua moglie la Granduchessa si recasse a Prato per visitare quel Collegio incipiente e i buoni Padri colà stabilitisi, il che avvenne nell’aprile del 1700.

Non v’ha dubbio che l’opera procedeva regolarmente, e sorgendo da terra e mostrando i suoi lineamenti alio scoperto e, per così dire, la sua fisonomia, prometteva bene e dava speranza di splendida riuscita. Il Padre Domenico Bernardini, scriveva il 29 maggio 1700 al Padre Iacopo Oltolini tornalo Procuratore in Prato: «Non dubito che codesta fabbrica debba riuscire assai più bella o magnifica di quella di Arezzo, e d’ogni altra della Provincia fuori di Roma, anche in qualche parte del medesimo palazzo... tanto più che questo non è proprio del Collegio. a Qual sia il nome di questo palazzo, col quale veniva istituito un confronto, non mi fu dato decifrare; ma esso doveva godere di una certa celebrità o rinomanza nella stessa Roma, dove sorgono palazzi, capolavori di Bramante, del Peruzzi e del San Gallo.

Non parmi conveniente, neppur dilettevole seguire passo passo i lavori e i dispendi della fabbrica, che andò crescendo senza interruzioni sì, ma con lentezza e senza slanci. Non sarà tuttavia inutile il notare che la fabbrica nei primi vent’anni, ossia fino al 1712, importò lo sborso di lire toscano 246533 pari a italiane L. 207 mila in cifra tonda. Inoltre dal 1702 al 1712 si spesero altre L. 80 mila all’incirca, prese a censo, le quali si finì di rimborsare nel 1724; ragione per cui si disse che in quell’anno erasi terminala la fabbrica;