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LIBRO PRIMO — 1724-32. 29

sensi degli spettatori i gemiti di lei; le fiamme, il fumo, che andavano ad oscurare l’alta croce di Cristo svergognata. Così frà Romualdo morì nell’altro rogo, dopo aver visto il martirio della compagna. Tra gli spettatori notavasi un drappello sordido, mesto, di ventisei prigioni del sant’uffizio. voluti presenti alla cerimonia: soli, fra tutti, che piangessero di que’ casi, perciocchè gli altri, sia viltà o ignoranza, o religion falsa, o empia superstizione, applaudivano l’infame olocausto. Erano i tre inquisitori frati spagnuoli: degli allegri assistenti non dirò i nomi, però che i nepoti, assai migliori degli avi, arrossirebbero; ma sono in altre carte registrati; che raramente le pubbliche virtù, più raramente i falli rimangono nascosti. Descrisse quell’atto in grosso volume Antonio Mongitore; e dal dire e dalle sentenze si palesò divoto e partigiano del santouffizio: egli lodato per altre opere a soprattutto per la biblioteca siciliana, chiaro mostrò che la dolcezza delle lettere umane era stata in lui vinta dagli errori del tempo, e dalla intolleranza del suo stato: era canonico della cattedrale.

X. L’anno 1730 nuovi moti di guerra si palesarono; giacchè per le secrete pratiche di Hannover, la Francia, la Spagna e la Inghilterra apprestavano eserciti ed armate, e l’imperatore Carlo VI, avvisato di que’ disegni, spediva nuove milizie ad afforzare gli stati di Milano e delle Sicilie. In quell’anno istesso, per la morte di Benedetto XIII, ascese al papato Clemente XII. E si udì il famoso re Vittorio Amedeo rinunziare il regno a suo figlio Carlo Emanuele, per andare privato nel castello di Chambery. Anni avanti, maggior re, Filippo V, aveva pur fatta cessione del regno per vivere divotamente, ei diceva, nel castello di Sant’Idelfonso; ma dopo otto mesi, per la morte del figlio Luigi, ripigliata la corona, regnò come prima infingardo e doppio. Così Amedeo, presto fastidito del ritiro di Chambery, volea tornare all’impero; ma il figlio re gli si oppose, ed indi a poco lo mandò prigione al castello di Rivoli, poscia a quello di Moncalieri, dove, guardato, morì miseramente, negatogli di vedere gli amici, il figlio istesso, la moglie.

XI. (1732-35) Dopo due anni di pratiche ed apparecchi venne in Italia l’infante di Spagna don Carlo, per mostrarsi a’ popoli di Toscana, Parma e Piacenza, suoi futuri soggetti, facendosi nella reggia spagnuola memorabili cerimonie di congedo; avvegnachè nel giorno della partita stando il re Filippo e la regina Elisabetta seduti in trono, e tutta la corte assistente, l’infante don Carlo, com’era costume di quella casa e come voleva figliale rispetto, s’inginocchiò innanzi al padre, il quale con la destra gli segnò ampia croce sul capo, e messolo in piede gli cinse spada ricchissima d’oro e di gemme, dicendo: “È la stessa che Luigi XIV mio avo mi pose al fianco quando m’inviò a conquistare questi regni di Spagna: porti a te,