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LIBRO SETTIMO — 1812. 103

mondizie femminili non gli avessero attirato lo sguardo e ’l riso del pubblico. S’ingrandì e bruttò il numero de’ consapevoli,

Nelle nuove conferenze, Bentinck rimasto saldo a’ primi patti, concordò in quei termini co’ due legati; spedì in Inghilterra nave da corso, Avvisos, per chiedere al suo governo la conferma del trattato: e, certo di ottenerla, proponeva a legati napoletani di spedire in Italia (se piaceva al re di operar presto) le pattovite schiere inglesi, ch’egli avrebbe tratte da Sicilia, Malta e Gibilterra.

XLVIII. Fra le discordie delle conferenze e le accidentali traversie di mare tardava il ritorno da Ponza de’ legati; e Gioacchino pendeva fra pensieri opposti, credendosi ora traditore, ora tradito; e sentendo ad un tempo le lusinghe del diadema d’Italia, e i timori dell’ira di Bonaparte. Mentre la scorta e sospettosa regina, esperta ad ammollire gl’impeti del marito e gli odii del fratello, parlava all’uno, scriveva all’altro in amichevoli sensi. E Bonaparte, o che cedesse per amor di lei, o che vedesse i pericoli del tradimento, rispose lettere di domestico affetto, pegni di pace, per Gioacchino. E nel tempo stesso scrissero al re il maresciallo Ney ed il ministro Fouchè; dei quali il primo diceva che l’esercito impazientava non vedendo ancora tra le file il re di Napoli, che la cavalleria apertamente lo appellava, che forse il destino di Francia stava nel suo braccio: corresse su l’Elba. Erano prieghi e laudi accettissime, perchè di prode a prode. E Fouchè scriveva che amicizia e riverenza lo spingevano a palesargli che il veder Gioacchino sicuro e lontano da’ pericoli della guerra e della Francia, portava all’universale dell’esercito scoramento e scandalo; che un congresso di pace adunavasi, ed il re di Napoli, se presente in campo, vi era ammesso; ma se assente, obliato: che dunque debito, onore, interesse lo chiamavano a Dresda.

Eppure Gioacchino, in tanti modi assalito, resisteva. Nella notte che succedè all’arrivo de’ mentovati fogli, il ministro Agar e la regina per molte ore il pregarono; ed egli, stretto dagli argomenti e scongiuri, palesò il vero motivo del suo ritegno: la facile conquista d’Italia, le conferenze di Ponza, l’atteso ritorno de’ legati. E la regina, come che in cuore lo biasimasse, applaudì col sembiante; e disse che il suo debito natale verso la Francia lo chiamava al campo di Dresda; che il suo debito di re verso il regno e la Italia gl’imponeva di proseguire i trattati con la Inghilterra: che dunque il principe della casa francese combattesse su l’Elba; ed in nome del re la reggente fermasse gli accordi con Bentinck, e facesse prorompere in Italia gli eserciti congiunti napoletano ed inglese.

Concetti tanto strani bastarono a persuader Gioacchino della facilità di eseguirli; la sua mente, per lungo tempo travagliata, abbisognava di calma; il cuore e l’abito pendevano per la Francia: egli