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114 LIBRO SETTIMO — 1813.

circostanze in cui l’umano giudizio si confonde, io tolsi consiglio dall’onore.»

LV. Ed altro oratore in altro tempo con più semplici e libere parole gli disse:

«Quando mai delle nostre cose dovesse giudicare il solo ingegno di V. M., la decisione sarebbe certa, e Napoli si troverebbe già unita alla parte oggimai più potente e fortunata di Europa, ma in questo giudizio hanno peso oltre gl’interessi, gli affetti, e al debito di re contrastano gratitudine, fedeltà nelle sventure, amor di patria e di famiglia. Chi dovrà vincere? la natura delle cose lo dice. Ella tutto deve alla Francia ed a Bonaparte; se la Francia le chiede il braccio ed il valore, vada Gioacchino a combattere per lei e a morire, o se la vita dell’imperatore è in pericolo, gli faccia scudo della sua vita. Ma in servigio de’ suoi benefattori spingere ai cimenti ed alla rovina il popolo ch’ella regge, egli è pagare il debito proprio co’ danni altrui.

Sono freschi i nostri dolori. Pochi mesi addietro la felicità d’Italia, messa dalla fortuna in mano al re di Napoli, cedè al desiderio che V. M. aveva di rendere all’imperatore de’ Francesi personali servigi, mirabili, ma inutili; se ella non partiva per Dresda, se l’accordo con lord Bentinck si avverava, altra era la nostra sorte, ora e per l’avvenire. Abbia fine una volta il darsi vittima gl’Italiani alla Francia, che se le hanno debito di savie leggi e di benefiche instituzioni, lo han pagato di tributi e di armi; e se i Napoletani ebbero da V. M. grandezza e fama, le meritarono per obbedienza e travagli. Sieno alfine vicendevoli ed eguali per noi e per voi gli obblighi e la gratitudine; ed allora, o sire, anticipando il futuro, separandoci dalle passioni del presente, immaginandoci posterità, fingiamo che in un libro d’istorie si legga: Gioacchino agli affetti di congiunto, alla gratitudine sua per ricevuti beneficii, ed agl’interessi d’un paese che fu sua patria, sacrificò il popolo del quale era re. Ed in altro libro: Al popolo del quale era re, sacrificò Gioacchino tutti i più teneri privati affetti. Or sia in potere di V. M. che de’ due libri uno perisca, l’altro resti in eterno; qual resterà?

Nè so valutare la grandezza degli ajuti che Napoli può dare alla Francia; di quarantacinquemila (e dico il più) combattenti del nostro esercito vinticinquemila almeno restar dovrebbero in difesa del regno, ventimila si unirebbero alle schiere italo-franche, si adunerebbe in Lombardia un esercito di sessantamila soldati che avrebbe a fronte altro esercito tedesco di arte uguale e di ardimento maggiore, perchè ora in noi è timore quanto in essi speranza; e perciò sessantamila Tedeschi basterebbero a contenere l’esercito di Lombardia; e può la Germania, possono i re