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178 LIBRO OTTAVO — 1815.

l’intendente Santangelo, il colonnello Sponsa ed altri gentiluomini di Basilicata, dopo un mese di aspro carcere e di silenzio dimandarono il giudizio, ma non fu concesso, nè sciolte quelle catene, nè la polizia, come per leggi doveva, trasmise a magistrati ordinarii la cura del processo. Indi a parecchi altri mesi i due furon liberi e tornati in carica, e benchè dimostrata calunniosa l’accusa e false le carte presentate dagli accusatori, restarono questi delle nequizie impuniti come amici alla monarchia.

Fra’ militari serbati in impiego per il trattato di Casalanza era il general Zenardî, maledico, avido, cattivo in pace, pregevole in guerra. Il governo volea punirlo di non so quali falli del decennio, e la città ne fu spaventata, temendo il primo esempio di politica vendetta; gli altri generali provvidamente lo difendevano, più potendo in loro il comune pericolo che la privata ambizione, così che il re, sospendendo il cominciato giudizio, scacciò Zenardi in esilio. Già traspariva l’odio pei murattisti, trattenuto dai comandi del congresso di Vienna; e vedevasi la modestia de’ reggitori esser finta, varia, fugace, non assentita dalla coscienza.

Nelle Piagine, torbido e popoloso villaggio della provincia di Salerno, viveva la famiglia Pugli, amante invero del cassato governo, ma onesta. Alcuni tristi del paese, tornati da Sicilia, avidi di sangue e di prede, assaltano in giorno festivo quella casa che chiamano de’ giacobini, la spogliano e incendiano, e legando con funi tutti della famiglia di vario sesso ed età, li traggono nella piazza. Fanno sollecito apparecchio di aride legna, in gran mole disposte in giro, e vi chiudano nel mezzo non meno di cinque della nemica casa. Accendono le cataste, e quando la fiamma si dilatava, rovesciano le materie sopra que’ miseri che vivi bruciavano , o se alcuno tra le fiamme s’apriva un varco, vi era respinto. Quando i lamenti cessarono, indizio di morte, estinguono il fuoco, e fu visto fra le ceneri miserando cumulo di cadaveri in attitudini varie e pietose; il prete Pugli aveva le braccia incrociate al petto; la donna per materno zelo distesi a terra due teneri figliuoli, gli copriva del suo corpo, tal che morti si rinvennero, ma non bruciati. Orrendo spettacolo!

I rei che stavano allegri e sicuri nel villaggio furono imprigionati e condannati a morte dalla commissione militare di Salerno, e subito il difensore viene in Napoli, parla al re, rammenta fatti antichi di que’ condannati (atrocità di brigantaggio, ma servigi a’ BorDoni), dice la distrutta famiglia devota a Murat, nemica del legittimo re, ottiene la implorata grazia, e torna frettoloso in Salerno. Ma giustizia di Dio tanti ostacoli oppose al cammino, al parlare al re, al segnare il foglio, che giunse innanzi del rescritto l’ora fatale, per mano del carnefice furono spenti. Il