Pagina:Storia del reame di Napoli dal 1734 sino al 1825 II.pdf/206

Da Wikisource.
202 LIBRO OTTAVO — 1817.

prigionati di Ururi tornarono liberi e premiati. Delle malvagità dei Vardarelli altra ed alta malvagità fu punitrice; ne venne al governo pubblico vitupero, che non si onesta il tradimento perchè cada su traditori.

XXXI. Fermata la sommissione dei Vardarelli, ma innanzi della descritta catastrofe, l’esercito alemanno ridotto in quel tempo a dodicimila soldati, venuto nemico di Murat in maggio dell’anno 15 partì amico dei Borboni nell’agosto del 17. Lasciò di sè buona fama per disciplina e modestia; nessuno affetto. Affidato il regno a sè stesso cessò la vergogna nel re, ne’ soggetti, di governare, di essere governati per forza straniera.

XXXII. In questo anno 1818 si fermò il concordato colla corte di Roma, dal quale tolgo motivo di esporre gli altri trattati colle corti straniere nei cinque anni racchiusi in questo libro. Il re di Napoli, ai 9 giugno 1815, aderì al congresso di Vienna. Ai 12 dello stesso giugno fermò alleanza coll’Austria: questa nelle guerre d’Italia difenderebbe il regno con poderosi eserciti, il re nelle guerre d’Austria fornirebbe venticinquemila soldati, poi ridotti a dodicimila per la convenzione di Vienna del 4 febbrajo 1819. Ai 26 settembre 1815 si unì alla santa alleanza. Ai dì 3, 17 e 29 aprile 1816 conchiuse pace con gli stati di Algeri, Tunisi e Tripoli; trattatore per le nostre parti lord Exmouth ammiraglio brittanico. Le condizioni di sicurezza e di commercio furono eguali, ma ottenute a prezzo, pagando il governo di Napoli annuo tributo di quarantamila piastre spagnuole, e, nel tempo del trattato, il riscatto dei già fatti schiavi. L’esser tributarii dei pirati offese il nazionale orgoglio: ma il governo, più saggio, salvò per piccola mercede i commercianti dal pericolo di schiavitù, il commercio da molti danni. La pirateria africana è vergogna europea, un solo potentato non bastando a spegnerla; nè finirà se un’alleanza veramente santa non impedisca colle armi l’esercizio infame, o se i grandi re colle minacce, i piccoli coi donativi non divezzino dalle rapine quella iniqua genia. Chè al cuore dei barbari pure scendono le dolcezze della pace e della giustizia, le quali, gustate, fanno grave ed insopportabile la fatica e i cimenti della vita malvagia.

Per lo quale trattato fu imposta nuova gravezza di due milioni di ducati, esorbitante perchè tre volte più del bisogno. Sbarcarono nel porto di Napoli trecentocinquantasette schiavi affrancati, ed a processione attraversarono la città, con tristo spettacolo, giacchè indossando veste lurida e servile rappresentavano le miserie della schiavità. Immenso popolo li seguiva, ora vedendosi frotte liete perchè di congiunti che si abbracciavano, ora udendo i gemiti di altre famiglie che cercando del parente lo sentivano morto o venduto nelle catene. Stava sul volto ai riscattati non allegrezza e non