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214 LIBRO OTTAVO — 1819.

scono differenti delitti; nè sotto i rapidi moti di guerra potendo serbarsi le forme ordinarie di procedimento, ne deriva la consueta impunità, o l’arbitraria punizione: difetto ed eccesso che del pari offendono la giustizia e la disciplina. Lo ampliare poi la giurisdizione militare, separa la milizia dallo stato civile, è resto di feudalità, errore ancora grato e comune agli eserciti ed a’ governi; competono a’ tribunali militari pochi giudizii nello stato di pace, tutti in quello di guerra, essendo carattere di competenza nella pace il delitto, nella guerra il delinquente.

Era tra le pene la prolungazione di servizio e le battiture. Ma se il servire è dato in pena, lo stato militare è considerato penoso, e si spegne lo splendore morale che fa lieti e forti gli eserciti. Le battiture sono certamente della trista famiglia de’ supplizii; ma, poichè apportano e dolore ed infamia, sconvengono ad esercito che si compone per coscrizioni: diensi in guerra a chi fugge o si arretra, o si nasconde, che tanto infame è la viltà che non vi ha pena che le accresca vergogna.

Si legge fra delitti la insubordinazione, ma non l’abuso del comando. Eppure tutto è patto in società, debiti e diritti sono vicendevoli, all’obbedienza cieca degli uni è contrapposto il comandar giusto degli altri. II procedimento nei giudizii militari è conforme al civile; stabilire il giurì, far migliore il processo di contumacia e di calunnia, surrogare in molti casi al carcere la sicurtà, perfezionare il dibattimento, usare più giustamente il criterio morale, sono i desiderii de’ sapienti nel procedimento penale, ma non si poteva attendere il compimento del codice militare primachè del comune. Come che tale lo statuto del quale parlo, egli è forse il migliore dei codici militari europei.

XLVI. Il codice di amministrazione, ordinamento essenziale e bramato, restò come innanzi disperso in molte leggi, decreti ed ordinanze, sì che i giudizii amministrativi dipendevano più che non mai dalle voglie o interessi del governo; che se nel decennio il supremo arbitrio s’imbatteva talvolta negl’intoppi del consiglio di stato, oggi (quel consiglio disciolto) non aveva freni o ritegno. Tanto incivili sono le pratiche delle quali ragiono, che per esse la saggia o libera amministrazione del regno è tenuta in odio.

XLVII. La pubblicazione de’ codici fu seguita da importanti cangiamenti. Riordinando i tribunali, molti giudici furono privati senza palesarne il motivo, e quel silenzio e la intemerata vita della più parte di loro fece credere che ne fosse causa la malnata nemicizia de ministri e del re per gli uomini e le cose del decennio. Il pubblico parteggiò per gli sventurati, che imprendendo liberali professioni incontrarono fortuna e favore. I re non veggono i cangiati costumi, e che la condanna de’ governi assoluti è commendazione