Pagina:Storia del reame di Napoli dal 1734 sino al 1825 II.pdf/237

Da Wikisource.

LIBRO NONO — 1820. 233

vesse sottoscrivere una legge che mutava lo stato: nuovi tumulti circondarono la reggia, lo stesso decreto ricomparve firmato da Ferdinando; e così riempite tutte le voglie delle genti sommosse, la rivoluzione acchetò; altri moti di popolo si alzarono, Erano gridi festivi; erano applausi centuplicati al re. Altra città dicevi Napoli al 7 luglio: l’antica speranza compita nel popolo, la calma ritornata nella reggia; e così per conseguito bene, o per superati pericoli, universale contento. Nè macchia l’adombrava, perciocchè non erasi versata stilla di sangue, nè commesse offese, nè l’ordine delle cose perturbato: i negozii pubblici e i privati eransi trattali come in tempi di pace; il foro, la borsa, il banco, il corso, il teatro erano stati aperti alle faccende ed ai piaceri: i padri, i figliuoli dei giustiziati nel 99, quasi scordando la patite ingiurie, il versato sangue, il sentito dolore, partecipavano alle lodi del re, superbi nel pensiero che la presente libertà fosse effetto dell’antico martirio. Non era inteso dalla plebe, come innanzi ho detto, il significato politico della parola Costituzione; ma per accidental simiglianza di suono, il grossolano intelletto del popolo si scostava poco dal vero: nella gioja pubblica che ho descritto, un di coloro chiamati lazzari richiese ad altro della stessa classe, creduto di maggior senno, che mai significasse la voce festosa di costituzione; e quegli: «Sei solo a non saperlo? vuol dire la cauzione che il re dà a noi.» La parola cauzione, usatissima nei dieci anni del dominio francese, era intesa dal volgo.

VII. Furono ministri il conte Zurlo, il conte Ricciardi, il duca di Campochiaro, il general Carascosa, il cavaliere Macedonio; in parte gli stessi disegnati dal re fra le sollecitudini della rivoluzione, in parte mutati per volere del campo di Monteforte. Concordavano per cagioni diverse le scelte del re e dei novatori: il re credendo la rivoluzione opera dei murattiani, e volendo evitar le scosse e i pericoli, sceglieva tra loro i ministri: e gli altri, sino allora ultimi della società, non trovando in se stessi la fama e ’l merito dei primi impieghi, si volgevano ai nomi antichi, murattiani, non borbonici; perchè la monarchia di Murat era meno nemica di libertà che nol fosse stata in ogni tempo la monarchia dei Borboni, E tanto potè quel giudizio che il conte Zurlo, persecutore acerbissimo dei carbonari nel regno di Gioacchino, fu dai carbonari di Monteforte scelto ministro e commendato al re. Le nuove che di ora in ora giungevano dalle province sempre più dimostravano l’unità di quell’opera; ogni città, ogni terra, colle stesse voci, cogli stessi modi civili, erasi levata a tumulto; tutto il regno stava in armi ed in moto; ma poichè unica la volontà; unico il cammino, era immensa l’azione, nullo il disordine. Della quale uniformità fu cagione l’universale antico desiderio dei cittadini; fu mezzo operoso la carbone-