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284 LIBRO NONO — 1821.


Da lungo tempo le fughe de’ soldati scemavano i campi, ma dopo i narrati disordini crebbe il delitto; i Dauni e gl’Irpini, primi nella rivoluzione del 6 luglio, furono primi a sbandarsi; seguirono quei che chiamavano congedati, poscia i soldati. Alcune compagnie della guardia munivano le trincere di Montecasino; il comandante del presidio, vedendo vicini gli assalti, apprestava le difese, quando i soggetti ribellando lo minacciarono, lo spinsero a fuggire, dierono il forte ai nemici. Di già la guardia istessa diceva che non combatterebbe i Tedeschi perchè collegati del re; e dal general Selvaggi, capo di lei, manifestata quella colpa, sfrontatamente come fosse vanto, a’ generali maggiori, la tenevano segreta, o che sperassero di correggere il vergognoso proponimento, o che temessero la forza del mal esempio e l’ardire che ne prenderebbe il nemico, o che (pure il mondo lo sospettò) non volessero affrontare i soprastanti pericoli della denunzia e le punizioni che seguirebbero. E per lo stesso colpevole avvedimento i disertori restavano assoluti da’ generali ne’ campi, da’ magistrati nelle città; facendosi nefando traffico di colpe e d’impunità per futura salvezza. Ne derivò che le milizie non trattenute dal dovere, non dal timore, trasmodarono ne’ maggiori delitti; minacciavano i capi come impedimenti alla fuga, guerreggiavano contro i compagni ancora fidi alle bandiere, uccisero parecchi uffiziali, molti più ne ferirono, scaricarono le armi su i generali e sul generale supremo Carascosa.

Ma sebbene grande il disfacimento dell’esercito, non era intero; perchè standosi ancora sulla destra sponda del Volturno, era il fiume per molti ostacolo al fuggire. Numerose torme giunsero in Capua, e colà (il fiume tragittato ma le porte chiuse) i contumaci sollevaronsi con voci, moti, tumulti; spregiata l’autorità de’ capi, vicina le ribellione. I generali, pensando che giovasse separare i buoni da’ tristi, comandarono che i bramosi di partire uscissero ma disarmati, e si aprirono le porte. Il restare portava seco nuovi travagli e pericoli; il partire, impunità e riposo: la mala indole umana scelse il partire. Mossero in prima pochi, gli sfrontati e arroganti; poi molti, alfin tutti; giacchè l’esempio e la frequenza del disonore scemavano la vergogna e il ritegno. Ma se nel campo ergevasi un altare (ad uso della felice Roma), ed il capo dell’esercito, colla insegna levata, chiamava i fedeli ad unirsi, correvano certamente i generali, i colonnelli, gli ufficiali; si dava ai soldati, e propagavasi, l’esempio dell’onore. Mancò la virtù de casi estremi, anch’essa inabile a sostenere il cadente governo o a ritardarne le rovine; anch’essa cagione di futuro severo castigo, di prigionia, di esilio, di morte; ma sola nei miseri tempi consolatrice privata de’ mali pubblici, riposo della coscienza, tesoro di fama nel mondo. Restarono soli attorno alle bandiere pochi uffiziali attoniti a quei fatti,