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LIBRO DECIMO — 1822. 305


XII. Si cambiò il ministero di polizia in direzione; il principe di Canosa, che n’era ministro, fu nominato consigliere di stato; restò più potente. Andarono in Austria prigioni tre già deputati, Poerio, Pepe, Borrelli; tre generali, Colletta, Pedrinelli, Arcovito, là confinati in lontane città Gratz, Brünn e Praga. Il principe di Metternich accertò che i rigori di Napoli erano ignoti al governo d’Austria, mentre il governo napoletano diceva ch’erano voluti da’ ministri dell’Austria. Si palleggiavano la vergogna di opere inique; ma, coll’andar degli anni e col ripetere il fallo istesso, gli uni e gli altri glorificavansi di quelle ingiustizie, chiamandole senno di governo. Si ricomposero i magistrati per distaccar gli odiosi e dare impiego a’ partigiani. E si ricomponeva l’esercito per cassarne i murattisti, non ritenendo di tanto numero se non pochi astuti, che, mutata la fortuna di Murat, e lui fuggito e spento, lo incusavano e maledicevano acerbamente, per farsi grati al nuovo regno e coprir d’odio non vero le vere colpe e le proprie vergogne nella guerra d’Italia del 1815.

XII. La finanza, per gli stipendii della guardia e de’ resti dell’antico esercito, per fare esercito nuovo, per pagar largamente il tedesco, per sostener lo stato, più impoveriva ogni dì. Fu venduto il campo di Marte, ricordo ed amore di Gioacchino: fu contratto debito di sedici milioni di ducati con Rothschild banchiere ricchissimo, ebreo, famoso a’ dì nostri per gl’imprestiti fatti a’ re, perciò barone, cavaliere di molti ordini, principal mezzo in Europa all’impero assoluto de’ governi, alla rovina degli stati. Ma presto consumate quelle somme da’ bisogni e da’ disordini, si tornò per nuovo prestito a Rothschild; il quale, amico al cavalier Medici, rispose non volere affidare altro denaro prima di esser certo della fedeltà finanziera, e non esserlo se quel ministero non veniva dato al cavalier Medici. Ma il re fu avverso. Crescevano le strettezze, si arrestarono i pagamenti alla casa tedesca; e ’l general Koller, capo di essa ed amico al Medici, ne menava romore. Si consultò; fu rammentata la condizione di Rothschild al re, che rispose: «E se il cavalier Medici morisse, morrebbe anche lo stato?»

Ma la necessità vinse le ripugnanze. Il cavalier Medici esule in Firenze ricevè lettere di Rothschild promettitrici della nuova fortuna, ed indi a poco da Napoli il decreto che lo fa ministro, e cento congratulazioni sincere o adulatrici; sente allora la sua potenza e patteggia. Vuole mutato l’attual ministero, vuole la facoltà di trattar prestiti con Rothschild (prudenza e gratitudine), vuole il discacciamento del principe di Canosa dal regno. Erano nemici quei due potenti, così che la fortuna avvicendava i ministeri e gli esigli. Il re per il solo Canosa resisteva, ma in mille modi accerchiato e vinto tutto concesse; rivocati gli antichi ministri, altri ne scelse devoti al

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