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308 LIBRO DECIMO — 1822.

nell’anno 1820, ma più strette; nacquero sotto i re francesi più sciolte. Ma quali oggi sono, per misera condizione di tempi e di uomini, potrebbero un giorno contrastare l’assoluto impero; minacciato in questa età da qual siasi congrega di opinioni.

XVI. Il giudizio di Monteforte procedeva: fuggiti i principali colpevoli, pericolavano i minori; ma caddero ne’ lacci Morelli e Silvati, gli stessi, come ho riferito nel precedente libro, che il 2 luglio 1820 furono i primi e condottieri dei disertori di Nola. Venute in Napoli le nemiche schiere tedesche, quei due fuggirono insieme; il Morelli, fattosi capo di 500 soldati e partigiani, correva le compagne intorno alla forte città di Mirabella. Ma la foga de suoi col tempo ammolliva, altri disertavano, altri si mostravano schivi a’ pericoli: Morelli licenziò tutti, e solo col Silvati, compagno antico, imbarcarono sopra piccola nave per Grecia. Percossi da tempesta, correndo il mare, approdarono ai lidi di Ragusi; ma privi di passaporto, e mostrando le ansietà de’ fuggiaschi, suscitato sospetto alle autorità del loco e imprigionati, furono spediti (però che avean detto essere di Romagna) in Ancona. Ivi le menzogne si palesarono, i nomi che avean finti erano ignoti alla finta patria: il parlar napoletano, le dubbiezze a rispondere, le varietà dell’uno e l’altro sopra fatti comuni, le note vicissitudini, e i luoghi e i tempi accertavano ch’ei fossero due fuggitivi; e però, tenendoli guardati nel carcere, si aspettava di consegnarli al governo di Napoli.

Quando eglino, fingendo altri nomi, si dissero già uffiziali del reggimento Principe, partecipanti, benchè da ultimi e da seguaci, a’ moti civili del 1820, ed escolpati da decreto del re. Bastarono que’ detti per esser mandati nel regno con numerose guardie. Silvati vi giunse, Morelli ebbe altre sorti: entrando per natural bisogno in una cava, le guardie custodivano l’uscita, ma la spelonca dilungandosi nel seno del monte aveva altro varco nell’opposta valle. Per quello il Morelli fuggì. Di foresta in foresta, camminando sol nella notte, andò negli Abruzzi, scese nelle Puglie, intendeva di passare in Calabria, aver denaro da suoi parenti, ed imbarcar di nuovo con più felici speranze per Grecia. Incontrato da ladri fu rubato e percosso; ma poichè serbò nascoste in una cinta poche monete d’oro fece animo a proseguire il cammino. Quasi nudo e tutto scalzo, andando poco, soffrendo troppo, entrò nel piccolo villaggio chiamato Chienti; provvide da un calzolajo scarpe, cibo e veste e le pagò con una moneta di sei ducati, ricchezza non conforme alla visibile povertà del suo stato. Il calzolajo ne insospettisce, e facile o tristo, rivela i dubbii a’ ministri del loco. È arrestato il Morelli, e ad un punto conosciuto, e in catene spedito in Napoli. Egli e Silvati accrebbero l’importanza del cominciato giudizio di Monteforte.