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LIBRO SESTO — 1807. 35

e ristretto dove i costumi sono civili, era smodato ed arrischioso nella nostra città. Nè meno grande del giuoco la vaga libidine, figlia pur essa di corrotti costumi, in Napoli più che altrove abituale per gli ardori del clima e le antiche leggi del celibato. Nuovi provvedimenti del governo vietavano i giuochi privati, permettevano î pubblici, col profitto al fisco di ducati cento ottantamila all’anno, indi a poco salito a duecentoquarantamila. Ed alle disoneste donne, numerate e descritte in un libro, l’infame traffico era concesso con un foglio da rinnovarsi in ogni mese, a prezzo vario come di merce. dipendendo la misura del pagamento dalla bellezza e dal lusso della meretrice.

Ne’ di prefissi le due ordinanze ebbero effetto. In un vasto e ricco palagio destinato a’ cimenti della fortuna esposero a mostra del pubblico in varie stanze tutti i giuochi: danaro in copia su i tavolini, pegno ed incitamento alle smodate speranze; l’appaltatore ed i suoi ministri splendidi per gemme e vestimenti; i magistrati del governo in abito di uffizio; e poi giocatori e curiosi a folla. Ed in altro luogo della città convennero le meretrici, che medici prescelti ricercavano sul corpo, mentre un uffiziale di polizia prendeva pensiero delle inferme, altro rilasciava alle sane le patenti, esigendone il prezzo; ed altro, di maggior grado, a quegli atti osceni presedeva. I quali vizii meno osservati, allorchè sparsi e nascosti nella città, ora uniti, manifesti e legittimi, comparivano più grandi e disonesti. Ma frattanto di mese in mese scemavano le meretrici ed il morbo, i giocatori ed il giuoco; e perciò quelle ordinanze e quelle pratiche, al volgo attestatrici di sfacciati costumi e di reggimento licenzioso ed avaro, erano veramente per la corruttela de’ tempi necessità di governo.

XXXVI. Spesso il re a diporto, o per visitar le province, si partiva di città. Percorrendo i colli Flegrei, volendo mostrarsi dotto delle romane istorie, biasimò in Baja il temerario ponte e le crudeli feste di Cajo; inorridì a Lucrino della infame memoria del matricida; e disse sulla distrutta Cuma: «Così pure col volger de’ secoli i monumenti dell’imperatore Napoleone saran sepolti.» Visitò in Sorrento la casa del Tasso, e vistane la povertà, ordinò che a rincontro con denaro pubblico si ergesse magnifico monumento, In Amalfi largì doni a’ discendenti di Gioja. In Pompeja comperò le terre che sotterravano la città, essendone in quel tempo poca parte scoperta.

Viaggiò negli Abruzzi ed in Molise, dipoi nelle Puglie. Fermavasi nelle città, spesso ne’ villaggi a mostrarsi benefico, liberale, clemente. Chiamava a consiglio pubblico i notabili; e per loro voto premiando gli uffiziali commendati, mutando gli odiosi, punendo gli accusati, rinviò in Francia un general francese, rivocò un intendente, elevò oscuro prete a consigliere di stato: creava i magi-