Pagina:Storia del reame di Napoli dal 1734 sino al 1825 II.pdf/60

Da Wikisource.
56 LIBRO SETTIMO — 1808.

di breccia. Ma il colonnello Lowe timido per sè, vie più discorato da parecchi Napolitani, che, fuggiaschi per delitti o fabbri di congiure, stando in Capri temevano di cader nelle mani della polizia di Napoli, inalberò bandiera di pace; ed a patti che si fermarono in quel giorno 18 di ottobre diede la città, le rocche, i magazzini, tutti gli attrezzi di guerra, e prigioni con sè stesso settecento ottanta soldati inglesi e corsi, da essere trasportati in Sicilia con giurata fede di non combattere i Napoletani nè i Francesi, o gli alleati della Francia per un anno ed un giorno; quei tristi o rei che stavano in Capri ebbero asilo, prima del trattato, sopra i legni inglesi. La città fu consegnata, i prigionieri in due giorni partirono; e fra quel tempo giungevano da Sicilia, ma tardi, altre navi, altre genti, altri mezzi di guerra.

Capri restò presidiata e meglio fortificata dai Francesi; perciocchè il recente assedio avea scoperto molti errori di arte, e L’isola di nemica divenuta parte del regno avea mutate le condizioni di guerra. Il governo donò i tributi di un anno agl’isolani; ma il dono era minore de’ guadagni che innanzi facevano a cagione della liberalità degl’Inglesi e delle occasioni di controbando, e delle dissipazioni del denaro pubblico fra le sollecitudini della guerra. Quella impresa per celerità, modo ed effetti accrebbe gloria a Gioacchino.

VI. Fu seguita da importanti miglioramenti. Rivocato il decreto di Giuseppe che avea messe le Calabrie in istato di guerra, tornarono quelle province sotto al pacifico impero delle leggi; richiamati gli esuli, sprigionati i rei di stato, e sciolte le vigilanze; tutte crudeltà di polizia estimate insino allora necessarie o prudenti. Ma non per anco fu permesso il ritorno a’ rinchiusi in Compiano, Fenestrelle ed altre più lontane prigioni della Francia; perchè grande n’era il numero, certa di molti la malvagità, e del ritorno loro pubblico il danno. Sono questi gli effetti del dispotismo: i rei, i meno rei, gli innocenti colpiti dalla stessa pena; e quando la potenza, o pentita o per circostanze temperatasi, vorrebbe rivocare quelle condanne, la rattiene il pericolo che fa allo stato la libertà di alcuni tristi: e però sempre pessima è la sorte dei buoni nei rigori o nelle blandizie della tirannide. Nel proseguimento del regno di Gioacchino molti tornarono da quelle crudeli relegazioni, e molti vi erano periti, i peggiori vivevano: la morte più colpiva gl’innocenti, perchè della ingiusta pena più addolorati.

Nel tempo istesso si diede opera onde rimuovere gli ostacoli che le vecchie abitudini opponevano ai nuovi codici. Della quale opera (e il dico in questo luogo anticipando i tempi per meglio ordinare le materie) fu assidua la cura in tutto quel regno; ed ebbe a principale istromento il regio ministro conte Ricciardi, che qui nomino ad onore e a durevole gloria per quanto durar possono queste povere