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LIBRO SETTIMO — 1809. 71


Proseguendo le provvidenze della commissione feudale, si preparò la ripartizione fra cittadini de’ beni de’ feudi.

Fu curata la istruzione pubblica, nuove cattedre aggiunte alle antiche ed eretti licei e scuole, decretate da Giuseppe. Ed anzi tanto in meglio furono variate quelle leggi che la pubblica istruzione del regno debbe credersi opera di Gioacchino più che di altro re. Ai vescovi si vietò di stampare, e in ogni modo di pubblicare editti e pastorali senza permissione del re; dura dipendenza a chi, libero sino allora, usava imporre ceppi alle altrui libertà.

Si sciolsero tutti gli ordini monastici possidenti {duecentotredici conventi di frati e monache), si lasciarono i cercanti; durava il genio e l’avarizia finanziera.

Ma fra tanti ordinamenti non si fece motto dello statuto di Bajona, benchè patto di sovranità, Gioacchino abborrendo per fino le immagini delle nazionali rappresentanze, e non richiedendone l’adempimento i Napoletani, sebben queruli, proclivi a’ tumulti ed agl’impeti delle rivoluzioni più che al tardo e sicuro procedere di politico miglioramento.

XX. Pareva finita la guerra, fuorchè in Ispagna, allorchè s’intese potentissima spedizione di navi e soldati uscita da’ porti della Inghilterra, minacciare la Olanda ed Anversa. Era questa, come ho detto innanzi, una delle preparate diversioni alla guerra di Germania; ma che operò ventiquattro giorni dopo la battaglia di Wagram, diciotto dopo l’armistizio di Znaim, quattro mesi più tardi del bisogno. E frattanto prese Walcheren. espugnò Flessinga, predò, distrusse molti vascelli olandesi, fece immenso danno, immenso ne’ pati; pochi uomini dalle due parti furono morti in guerra, molti degl’Inglesi per morbo, e dopo ottanta giorni di travagli la spedizione ritornò menomata, sbattuta, senza gloria, e solamente cagione di lacrime e di spese.

Le quali cose, lontane di luogo e d’importanza, erano da Napoletani freddamente intese; ma non così del trattato di pace tra l’Austria e la Francia, fermato a Vienna il 14 di ottobre del 1809, pubblicato con feste civili ne’ comuni del regno, e sacre cerimonie nelle chiese. Di già quel nostro politico reggimento contava numerosi partigiani; nè più per opinioni o speranze, ma per interessi e persuasioni, onde piacque l’indebolimento della monarchia austriaca, l’ingrandimento degli stati nuovi, il riconoscimento di alcuni principii che poco innanzi si dicevano rivoluzione. Aggiunta la Toscana alla Francia, come già gli stati di Parma e i dominii del papa, l’impero francese aveva termine a Portella. Questi stati italo-franchi, ridotti ad estreme province, lontani dalla sede del governo, sforzati a ricevere leggi di popolo straniero, giustamente si querelavano. Ma d’altra parte pensando che per quelle novità