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Pagina:Storia dell'arte in Sardegna dal XI al XIV secolo (IA storiadellartein00scan).pdf/261

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A queste conclusioni pervenni nel 1902, allorchè non erano venuti a luce nuovi ed importantissimi elementi dell'antica chiesa.

Giovandomi dei lavori di restauro che nel 1901 si compirono nell'episcopio addossato al Duomo feci scrostare l'intonaco e rimuovere i rincassamenti della testata a tramontana della navata trasversale.

Venne a luce una serie d'archetti al primo ordine in continuazione di quelli che sono sovra le due porte laterali, al secondo ordine una bifora gotica e nel frontone gli accenni della caratteristica decorazione a fasci trilobati che già rilevammo nelle chiese di Valverde e di S. Bardilio.

Questi avanzi sono così completi da permettere la ricostruzione ideale di questa testata insieme alla porticina gotica, che ora è nascosta dal grandioso monumento funerario del Re Martino e della quale ebbi la ventura di mettere nuovamente in luce le forme architettoniche penetrando in due cappelle murate sino dal XVII secolo.

Da questi frammenti risulta chiaramente che in questa facciata vennero svolti, profittando degli antichi elementi romanici, quelle forme di transizione che vedemmo esplicarsi nelle chiese del terzo gruppo.

Se paragoniamo le linee architettoniche di questa testata con quelle contornanti le due porte vediamo subito che la parte inferiore n'è una continuazione. Infatti l'archeggiatura è a tori e cavetti e le mensoline hanno lo stesso gusto ornamentale. Posteriormente s'apri la grandiosa bifora centrale, in cui la castigatezza delle modanature e la lavorazione attestano dell'origine toscana delle sue forme gotiche.

Contemporaneamente all'apertura di questo finestrone si elevò il frontone decorandolo con le archeggiature che vedemmo dominare nelle chiese meridionali dell'isola allo scorcio del XIII secolo.


Nel 1902, minacciando di crollo molte parti del rivestimento barocco di cui nel settecento si rivesti la facciata principale, l'amministrazione comunale d'allora venne nell'intendimento di rimoverla onde evitare funeste conseguenze.

Effettuata la rimozione di questi marmi, assolutamente mancami di qualsiasi pregio d'arte, vennero a luce diversi elementi che, se possono passare inosservati per i profani, si presentano interessantissimi per lo studio di quella che era la più bella e la più ricca fra le chiese, di cui gli artefici pisani ornarono le nostre città e le nostre ville.