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Già dal 1087 il pontefice Vittore III rivolgevasi a Giacomo, arcivescovo di Cagliari, ed ai vescovi dell'isola per dolersi dello stato rovinoso delle chiese di Sardegna e per esortarli a far eseguire immediatamente le necessarie riparazioni: Quare nos fraternitatem tua caeterosque archiepiscopos, et episcopos commonemus, et dilectionem tuam unanimiter adjuvantes reparationem quanto cilius procuretis.....1.

Il monito, che proveniva dalla cattedra di S. Pietro, non fu pronunziato invano: troppo erano attaccati alla fede di Cristo i reggitori e gli abitanti dell'isola per non apprezzare si autorevole consiglio. Ed il paesaggio verde e severo si popolò d'un tratto di monasteri e di chiese, d'onde i monaci scendevano cogli strumenti di lavoro nelle campagne silenziose. Furono da prima edifici, che ancora rispecchiavano la terribile agonia in cui s'era dibattuta la nostra isola: tetre e rivestite unicamente di cantoni, per lo più, di trachite scura, le prime chiese romaniche di S. Gavino di Torres, di S. Maria del Regno d'Ardara, di S. Giusta. di S. Maria di Tratalias, di S. Maria d'Uta, di S. Maria di Bonarcado, di S. Giorgio di Trullas, di S. Simplicio rievocano le paurose leggende dell'anno mille e risentono la desolazione che avea gravato nelle nostre terre.

Ma un alito rinnovatore intanto ai primi del XII secolo veniva per opera dei pisani e dei genovesi a dar nuova vita alle vicende isolane; al contatto delle fresche e già vigorose energie delle due fiorenti città marinare si modificano le istituzioni. s'aprono i porti al commercio ed il tratto, ormai sicuro, del Tirreno, intercedente fra l'isola e la madre patria, è percorso dalle navi di Pisa e di Genova.

A questa rinascita di energie corrispose un risveglio artistico meraviglioso: maestranze d'artefici toscani, chiamati dal giudice Costantino di Logudoro e dalla sua consorte Marcusa per restaurare ed erigere nuove chiese nel giudicato di Torres, portano nelle nostre valli e nei nostri campidani la poesia e l'eleganza di quell'arte che fiori nelle rive dell'Arno.

Sotto la guida di questa schiera meravigliosa d'artisti, le chiese romaniche si trasformano, le facciate s'inghirlandano di gallerie e di colonnine, gli sfondi parietali si coprono d'intarsi minuti da rivaleggiare coi sontuosi tappeti d'Oriente.

  1. Tola, Cod. Dip. Sard., Sec. XI. pag. 160.