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la dette al sacco, poi alle fiamme col castello di Cheri. Respirò il Marchese1.

Ma Milano gli era spina nel cuore: non osava cozzarla, pensò scalzarle le fondamenta, abbattendo prima le città che le si tenevano amiche. Tra queste era Tortona fedelissima alleata de’ Milanesi, ed alla quale Pavia portava un grandissimo odio. Questa stimolava il Tedesco, perchè la sterminasse dal mondo, dicendogli, non aver l’Impero un nemico più fiero del popolo tortonese, Milano un più potente alleato; rovinasselo come l’Astense. Rispondeva Federigo con tutta la gravità di un legista, doversi prima dar luogo al diritto, poi alla forza. E spedì messaggi ai Tortonesi con questi comandamenti: rompessero l’amicizia con Milano, si accostassero a Pavia. Ma quelli che già erano parati alle armi, gli mandarono un bel nò, con la magnanima ragione, non essere usi abbandonare gli amici nelle avversità. Con eguale costanza di spirito accolsero il regio decreto, che li poneva al bando dell’Impero2.

Era mestieri prepararsi ad accogliere le furie di Barbarossa: si volsero per aiuto i Tortonesi a Milano. Dieci Consoli tenevano a quel tempo la credenza della città; i quali chiamato a parlamento il popolo, fermarono, doversi spedire alla minacciata Tortona un buon nodo di gente. Dugento cavalieri e altrettanti fanti furono tosto in armi; ne presero la condotta Ugo Visconte, Giovanni Ranieri, Roncia Casato, Albertino Casato, due de’ Lanfranchi, e Ruggiero da S. Maria, uomini di eccellenti spiriti. A non fallire la spedizione dando ne’ Tedeschi, volteggiarono per le contrade di Lodi e di Piacenza, poi celatamente viaggiando pei monti della signoria del Malaspina loro amico, giunsero ad intromettersi in Tortona. Accorse anche Obizzo Malaspina ed alcuni signorotti, che tenevano castella su pe’ monti della

  1. Otto Fris. L. 2. c. 15.
  2. Otto Fris. lib. 2. c. 17. p. 712. — Tristani Calchi Histor. Patriae. lib. 8. p. 222. ap. Burmhan.