Pagina:Storia della Lega Lombarda.djvu/14

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10 prologo

si rompesse la materiale forza innanzi all’onnipotenza degli spiriti. Primi ad ammaestrare, primi a gustare il frutto di quel magistero; ma per la repentina perdita che ne fecero, forse ultimi a conseguirlo. Perciò quanta è la riverenza, a cui piega le menti la sola memoria di quella famosa Lega Lombarda, che fu così sapientemente ordita contro il Barbarossa, Imperadore Tedesco nel XII secolo; tanta è la pietà che ricerca i cuori per la iniquità delle civili sorti, che la seguirono. Argomento di gloria e di dolore, che io imprendo a trattare in queste storie, perchè la dolce commemorazione delle antiche virtù nostre rincori i domestici ad imitarle, gli stranieri a rispettarle. Questo supremo intendimento, con cui mi conduco a scrivere di que’ fatti, è raffermato dall’altro di chiarire molti, anche de’ nostri, le municipali gelosie degl’italiani popoli, le ire fraterne, e quel continuo appuntarsi ai petti le mani a disgiungersi, non essere naturale vizio, che disonesti e corroda il cuore di questa nobilissima gente; ma esuberante virtù, che soverchia la ragione dell’intelletto per l’impeto d’una volontà sempre alacre, sempre fisa nel bello, perciò degna di conseguirlo, degnissima di libertà. Laonde erudita che quella fosse dalla storia delle proprie sciagure, saprebbe come sia acconcia a quella unità di spirito e di potenza, per cui da ogni banda che venissero gli strani a toccarla, sentissero propellersi dal battere di un sol cuore geloso di libertà. Unità, che tardi conseguiscono le genti incivilite, non essendo questa nello adunamento del potere e delle pubbliche sostanze, non nella solitudine del governante, ma nell’adesione amorevole degli spiriti all’ordine, per cui il potere e le ricchezze rampollino per ogni dove, e corrano per tutto; e lo splendore del principato si diffonda, e non circondi la fronte dell’uomo, ma del popolo, e la virtù dell’unità del reggimento non offenda alle ragioni della moltitudine. Perciò que’ popoli che più mestamente piangono su la impotenza degl’Italiani (ipocrite e superbe lamentanze) a raddursi sotto l’imperio di un solo, sono veramente a compiangersi. Essi si tengono beatissimi