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colati dalla maraviglia. Dal recarci poi all’imperiale curia per udir sentenze, siamo rattenuti dalla canonica tradizione, e dalla reverenda autorità de’ Padri. Che se ai Principi è vietato l’intromettersi nei negozi delle peculiari chiese, cessi Iddio che per nostra ignoranza o fiacchezza questa peste si appigli all’Imperadore, e che lasciamo andare schiava la Chiesa universale, già ricompra del prezioso sangue di Cristo. La libertà della quale tutelarono anche col sangue i padri nostri; e l’esempio loro ci tempera dentro così forte il cuore, da tener fronte a qualsivoglia più disperato pericolo.» Queste parole dette con buon nerbo di spiriti e di voce, cacciò via dalla sua presenza gl’inverecondi messaggi, e con questi il truculento Ottone Conte Palatino; i quali pieni di rabbia difilarono a Segni, e andarono a gittarsi ai piedi di Ottaviano, adorandolo vero Papa1.

Federigo teneva per fermo che le sue lettere convocatrici del concilio avessero dovuto muovere tutti i Vescovi non solo della sua signoria, ma anche di Francia, di Spagna e d’Inghilterra. Egli malamente si appose, tra perchè gli altri Principi non dubitavano che Alessandro vero Papa fosse, nè avevano onde perfidiare, come egli faceva, a non tenerlo tale; e perchè celeri Legati erano stati spediti da Alessandro alle corti di Occidente ed a quella di Costantinopoli, a porre in chiaro la cosa, ed a rattenere nella unità della Chiesa i Principi2. Per la qual cosa de’ moltissimi Vescovi che s’imprometteva accorrenti al concilio, non n’ebbe che un cinquanta; cioè il Patriarca di Aquileia, nove Arcivescovi, ed un trentotto o trentanove Vescovi; e di questi anche pochi misero il loro nome a piè degli atti del conciliabolo. Però di quanti v’intervennero, non fu pur uno che recasse in animo dubbio della legittima elezione di

  1. Card. Aragon. Vita Alex. III. ibi.
  2. Id. ib. c. 63.