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228 della lega lombarda


Errico Vescovo di Liegi fu deputato a reggere i Milanesi, che lasciammo all’aperto sotto capanne. Costui, come si farebbe di pecore o capre col vincastro, divise tutta la moltitudine di quei miserabili in quattro torme, ed a ciascuna assegnò il sito da abitare. Quelli di Porta Romana restrinse nella contrada che correva tra la Cassina di Plasmondo e la Noceta, non lungi dal famoso Monastero di Chiaravalle; quei di Porta Ticinese nel territorio di Vigentino; quei di Porta Orientale e Nuova a Lambrate; quei di Porta Comasina alla Carraria; e finalmente quei di Porta Vercellina condusse ad abitar S. Siro alla Vepra. Tutti questi così congregati si dettero tosto a fabbricarsi delle case; ed in ciascun convento di popolo sorse un borgo1. Fatta questa divisione, il Vescovo se ne andò con Dio in Germania, lasciando suo vicario un certo Pietro Cunin.

Liberava Federigo l’Italia della sua presenza, e i novelli Podestà si gittarono famelici su le incatenate Repubbliche. Questo Pietro Cunin tra tutti fu una maraviglia nel trovar modi di nuovi ladronecci e rapine. Aveva una sete inestinguibile di oro (morbo attaccaticcio a quanti scendono dall’Alpi a visitarci) e sapeva cavarsela. Andava a caccia di debitori; trovatili, donava loro una plenaria assoluzione dei loro debiti, a patto che una parte di questi si pagasse a lui: de’ creditori spogliati del proprio non curava, li lasciava con Dio. Ove gli veniva all’orecchio la morte di qualcuno che non lasciava figliuoli, incontanente stendeva gli artigli sul suo retaggio, e se ne faceva padrone senza uno scrupolo al mondo. Del grano, del vino, dell’olio, del fieno che raccoglievano i Milanesi, toglieva il fiore per se. Di tasse e balzelli non dico, perchè questi facilmente s’incolorano co’ bisogni del Principe, colla sottigliezza dell’erario. Divorava Cunin, spogliavano i Podestà vicini. Se nel compreso della loro podesteria erano possessioni milanesi, non si tenevano contenti alla rapina de’ frutti, di peso le toglie-

  1. Sir Raul. p. 1187. = Trist. Calchi. Lib. X. p. 256. e seg.