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68 della lega lombarda

vaggio, si è l’ignoranza di un diritto assoluto, che è ben altra cosa di quello imprigionato dai Re nelle pagine di un codice. Adunque colpito il Re colla onnipotente arma della religione, tutta la macchina monarchica accennò a dissoluzione; e mentre la papale voce come turbine commoveva i troni su la bassa terra, nelle limpide regioni dello spirito spuntava il sole della italiana libertà.

Nel secolo XI fu veramente la risorrezione de’ Comuni. L’abbattuta potestà regia o imperiale per man di Gregorio trasse seco quella de’ grandi feudatari, i quali signoreggiavano nelle grandi città; e perchè più immediatamente traevano la vita dall’albero tedesco, e perchè più potente era il popolo nelle grandi città. Questi non avevano più ombra di Italiano: eransi imbestiati e fazionati alla tedesca, avevano l’animo tutto impaludato nel presente; paghi del comando, non li toccava memoria del passato, speranza di avvenire. Al contrario il popolo, avvegnachè servo, condiva l’amore del servaggio colla dolce speranza di un benigno avvenire, che si andava sollevando da lungi sul fondamento delle memorie. La vena delle tradizioni romane seguitava il suo corso nelle menti popolane: perciò alla caduta dei grandi feudatari il popolo levando la fronte dalla gleba, non interrogò alcuno intorno alle civili ordinazioni, con cui doveva comporsi. Per naturale conforto si ordinò a comune. Infatti non essendo stata cosa istituita da’ legislatori, consigliata da’ filosofi, prodotta da un fatto, non possiamo determinare il numero delle città che prime si ressero a comune, il tempo della loro emancipazione, nè troviamo una uniformità di reggimento comunale.

Così tutto il potere de’ Duchi, de’ Marchesi, de’ Conti cadde nelle mani delle città. Quelli non furono più; anzi fin nell’anno 1156 Ottone da Frisinga1 non trova che il solo Mar-

  1. Lib. II. c. 13. Guilielmus Marchio de Monteferrato vir nobilis et magnus, ut qui pene solus ex Italiae Baronibus civitatum potuit effugere imperium.