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Circolazione monetaria in Italia nord-occidentale: secoli XI-XII 25

spendibile al livello delle piccole transazioni quotidiane. Se questo è vero l’inventario, ricondotto alle condizioni del mercato monetario attuali al momento della sua compilazione, con il suo semplice lessico bipartito (moneta generica/moneta vecchia) sembrerebbe implicare una svalutazione di tutti i vecchi censi (espressi in moneta non etichettata), indebitamente ricondotti a uno dei termini di una polarità che al momento in cui erano stati contrattati semplicemente non esisteva1. In ogni caso, quale che fosse la moneta con cui venivano pagati i censi espressi in moneta “generica”, l’ipotesi prima formulata ha il grave difetto di non prendere in considerazione l’altro termine della questione che si ha di fronte, vale a dire quello costituito dai denari bruni milanesi documentati nel Novarese tra il 1109 e il 1118. Se i denari bruni costituivano una emissione più debole delle precedenti, come bisogna senza dubbio ritenere – emissione che, come si è visto, si era conquistata un ruolo egemone sul mercato locale, almeno come moneta di conto –, qual è il senso attribuibile all’abbandono di questa nomenclatura a partire dagli anni venti in favore dell’adozione di un riferimento a una moneta “vecchia”? Prima di tentare di rispondere a questo quesito sarà opportuno avere un quadro per quanto possibile completo della circolazione monetaria in Piemonte nel primo cinquantennio del XII secolo.


4. Asti (1029-prima metà del secolo XII)

Intanto però, nel prendere in considerazione i dati offerti dalla documentazione astigiana bisogna fare un salto cronologico all’indietro. Alla fine degli anni venti dell’XI secolo – si noti la sincronia con le attestazioni novaresi su cui ci si è soffermati nel paragrafo precedente – appartengono due isolate menzioni di moneta pavese. La prima come pena in un importante livello concesso dal vescovo Alrico ai coniugi Abellonio «filius quondam Elinei» e Amaltruda «filia quondam Ierolimi» consistente in una curtis incastellata situata «in locas et fundas Sancte Marie qui dicitur Lequi que est super fluvio Tannagrum»2. La seconda come uno dei censi previsti in un accordo stipulato nello stesso anno 1029 in cui era stato concesso il livello: quest’ultimo,

  1. Accenni interessanti a questo genere di problemi in D. Herlihy, Pisan coinage and the monetary history of Tuscany, 1150–1250, in Le zecche minori toscane fino al XIV secolo, Atti del 3° Convegno internazionale di studi (Pistoia, 16-19 settembre 1967), Pistoia [1975], pp. 169-192, in particolare pp. 177 sg.; per le rendite in denaro nella Lombardia orientale fino al XIII secolo e la loro grande variabilità F. Menant, Campagnes lombardes au Moyen Âge. L’économie et la société rurales dans la région de Bergame, de Crémone et de Brescia du Xe au XIIIe siècle, Rome 1993 (Bibliothèque de l’École française de Rome, 281), pp. 344-348.
  2. BSSS 28, pp. 316 sg., doc. 161 (19 agosto 1029, s. l.): il livello comprendeva tutti i diritti pubblici e privati connessi con la corte e inoltre le decime uscenti da corte, castello e cappelle comprese nel distretto del castello; il censo annuale da pagare al vescovo venne fissato in soli dodici denari mentre la pena che avrebbe dovuto pagare la parte che avesse contravvenuto ai temini del contratto venne fissata nella enorme somma di duemila lire di buoni denari d’argento di conio pavese.

Reti Medievali Rivista, 12, 1 (2011) <http://rivista.retimedievali.it>