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30 Antonio Olivieri


L’egemonia della moneta pavese di vecchio conio entrò in crisi sin dagli ultimissimi anni del secolo, insidiata e subito sostituita come termine di riferimento monetario dalla più debole moneta pittavina. La cartula ordinacionis con cui l’abate pinerolese dotò nel febbraio 1096 la prevostura di Rivalta, sita al principio della valle di Susa, stabilì che il nuove ente riconoscesse la dipendenza dalla casa madre pagandole un censo annuo ammontante a «solidos decem Pictavensium vel quinque Pap[iensium]»1, rapporto identico a quello attestato nella penale di una donazione alla canonica di Oulx di alcuni anni prima2. Come si ricorderà, tale rapporto di uno a due è lo stesso esistente tra la moneta pavese di vecchio conio e la nuova emissione pavese inaugurata a partire dal 1100 circa. Ad ogni modo dal 1096 in poi nella documentazione superstite delle aree torinese ed eporediese la moneta di riferimento esclusivo divenne quella pittavina: nel Torinese, con le interessanti eccezioni che ora si vedranno, fino alla fine degli anni trenta del XII secolo; fino al termine degli anni quaranta a Ivrea, sulla base della scarse testimonianze tràdite, dove i primi accenni di mutamento emergono da un documento del 1151. Per l’area valsusina le non molte fonti disponibili presentano invece un quadro meno univoco.

Nei documenti eporediesi il riferimento ai denari pittavini – che esclude, è importante rilevarlo, qualsiasi menzione nei documenti di moneta di conio diverso3 – è presente sia come censo annuale preteso in cambio della concessione di terre o case4 sia come prezzo in compravendite di beni fondiari5.

Per il Torinese la situazione sembra del tutto analoga, fatta salva una maggiore ricchezza documentaria e una presenza significativa di carte in cui i valori monetari continuano a essere espressi in forma generica6: dopo il

  1. BSSS 68, pp. 1 sg., doc. 1.
  2. SSS 45, pp. 51 sg., doc. 40: rogata nel 1088 a Chiomonte (non lontano da Susa). Tra le carte della canonica di San Lorenzo di Oulx, nell’alta valle di Susa, si ha una attestazione precoce di uno scambio in moneta pittavina nel 1075: BSSS 45, p. 32, doc. 26; cfr. anche BSSS 45, pp. 20 sg., doc. 20 (databile tra 1063 e 1092).
  3. Mancano anche documenti in cui somme di denaro siano prive dell’indicazione di conio, tranne che nel caso di una vendita del 1146 che ha il prezzo espresso in forma generica e la penale in moneta pittavina: cfr. nota 106.
  4. In quattro investiture di terre concesse tra il 1102 e il 1149 i censi annui, sempre espressi in moneta pittavina, vanno dai dodici denari per una vite e un campo in Pavone nel marzo 1102 (penale cento soldi pittavini), ai due soldi per una casa in muratura nel borgo di Ivrea nel 1118 (penale cento lire pittavine), ai complessivi trentasei denari (più altri canoni parziari e fissi in natura, diritti di ospitalità e prestazioni d’opera) dovuti per terre concesse a due uomini per massaricium dal monastero di Santo Stefano di Ivrea nel 1127 (penale cento soldi pittavini; per l’investitura venti soldi pittavini), ai quattro soldi per un manso in Palazzo concesso a due non coltivatori nel 1149. Si veda rispettivamente BSSS 9, pp. 13-15, docc. 6 e 7; BSSS 9/2, pp. 287 sg., doc. 5; BSSS 9, pp. 19 sg., doc. 12.
  5. BSSS 9, pp. 15 sgg., docc. 8, 9, 10, 11 rispettivamente del 1125, 1127, 1133, 1146.
  6. Si tratta in gran prevalenza di vendite, ma non mancano alcuni accensamenti (tutti della canonica cattedrale del Salvatore di Torino): BSSS 65, pp. 3 sgg., doc. 3 del 1099, doc. 10 del 1132; BSSS 86, pp. 33-43, doc. 18-20, 23, 25: cinque vendite datate tra il 1100 e il 1104; BSSS 86, pp. 44 sg., docc. 28 e 29 del 1110 e 1112; BSSS 69/3, pp. 153 sgg., docc. 14 e 21 del 1102 e 1134; BSSS 106, pp. 21 sgg., docc. 10, 12, 15 del 1110, 1118, 1124. Si veda anche, al limite cronologico e geografico di questa ricerca, BSSS 45, pp. 3 sg., doc. 2 (s. d. ma tra 1150 e 1161).

Reti Medievali Rivista, 12, 1 (2011) <http://rivista.retimedievali.it>