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36 Antonio Olivieri


Mi soffermerò ancora un momento su un elenco di decime o forse misto di censi e decime che gli editori hanno datato approssimativamente al 11501. Intitolato «Breve recordationis canonicorum Sancti Stefani», è un elenco di luoghi, di persone e, verso la fine, di orrea cui vengono imputate cifre di denaro, o più raramente quantità di derrate, corrispondenti evidentemente alla decima che i canonici dovevano ricevere2. Le cifre in denaro sono ora espresse in modo generico («De Neutro XVIII solidos») ora in moneta pittavina (il primo item, fra gli altri: «De Montegrando solidos V Pictaviensium monete»). Questa attestazione di pagamenti pretesi in moneta pittavina consiglia di anticipare di mezzo secolo circa la datazione del documento in questione, vale a dire a un periodo anteriore al momento in cui si sa con certezza che nel Biellese circolava (anche) la moneta milanese (1114-1115), e vicino all’attestazione di moneta pittavina a Vercelli (1095) e a Biella (1101).

6. Vercelli e il Vercellese tra il secondo e il quinto decennio del XII secolo

Per chiudere il cerchio torno ora al Vercellese dove, come si è visto nel primo paragrafo di questo lavoro, a partire almeno dal 11063 gli scambi documentati avvenivano facendo riferimento ai “denari nuovi” che erano poi, come attestano alcune carte, denari nuovi di conio pavese4. È, in particolare, un breve del marzo 1115 a dichiarare l’equivalenza tra le due denominazioni: in una investitura di beni agrari siti fuori Vercelli effettuata dalla canonica di Sant’Eusebio di Vercelli, parte dei fitti annuali venne espressa in denaro, «sedecim denarios novos vel denarios Papienses», mentre, si badi, la sanzione pecuniaria che la canonica avrebbe dovuto pagare nel caso in cui avesse voluto annullare l’investitura venne fissata in quaranta soldi «de ipsa moneta que pro tempore currerit»5. Notai e operatori economici dovevano avere l’impressione di vivere in un periodo in cui avrebbero potuto verificarsi fenomeni di instabilità e ricambio dei corsi monetari, e quello appena visto non ne costituisce l’unico segno: un’investitura rogata nel settembre dello stesso anno dal medesimo notaio che aveva rogato la precedente, «Fulcaldus qui et Donumdei», reca una penalità espressa in modo del tutto simile («soli dos centum de illa moneta que pro illo tempore currerit»)6. In questo stesso

  1. BSSS 103, pp. 12-14, doc. 8. Un altro elenco, anch’esso assegnato al 1150 circa e intitolato «Breve de luminaria Sancti Stefani ad memoriam retinendam», è meno utile a questa ricerca: BSSS 103, pp. 14 sg., doc. 9.
  2. In alcuni casi il richiamo alla decima è esplicito: «De decima Capudloci. / Decima presbiteri Rozonis. / Decima feudi Ponzonis».
  3. Cfr. sopra nota 35 e testo relativo, dove è menzionato anche un documento casalese del 1100 nel quale sono per la prima volta attestati i «denarii novi».
  4. Ovvero la «nova moneta brunitorum» degli Annali genovesi: cfr. sopra, nota 89 e testo corrispondente.
  5. BSSS 70, pp. 84 sg., doc. 70 (30 marzo 1115, «in eclesia Sancti Eusebii ante crucem Domini que est prope canonicam ipsius eclesie»).
  6. BSSS 70, pp. 85 sg., doc. 71 (9 settembre 1115, «in villa Caresane in casa Loterii et Lanfranci

Reti Medievali Rivista, 12, 1 (2011) <http://rivista.retimedievali.it>