Pagina:Storia della decadenza dei costumi delle scienze e della lingua dei romani II.djvu/147

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andavano a genio1. Eravi persino chi accusava Cicerone, e molto più i suoi contemporanei d’una trista, e rabbuffata antichità, di parole arrugginite, di nojosi esordi, di freddi racconti, di scolaresche divisioni, di languide espressioni, ed emozioni d’affetti, di uniformità, o mancanza d’armonia, di un’estrema penuria di ricchi e pomposi ornamenti, e in fine d’essersi tenuti molto lontani da quei pensieri, che a causa della loro novità vengono tosto compresi, e facilmente notati2.

Se Quintiliano, Plinio, e Luciano non si tro-

  1. Quint. 1. c. Io ho già altrove fatta menzione che Seneca distolse anche Nerone dallo studio degli antichi oratori . Suet. in Nerone c. 52.
  2. Quint. XII. 10. Dialog. de Orat. 19. 20. sed potius 22. 23. Io voglio qui riportare solamente i seguenti passi di un nemico dell’antichità: Nam priores ejus (Ciceronis) orationes, non carent vitiis antiquitatis. Lentus est in principiis, longus in narrationibus, otiosus circa excessus; tarde commovetur, raro incalescit: pauci sensus — et cum quodam lumine terminantur. Nihil excerpere, nihil referre possis: et yelut in rudi aedificio, firmus sane paries, et duraturus, sed non satis expolitus et splendens — Nullum sit verbum velut rubigine infectum, nulli sensus tarda, et inerti structura, in morem annalium componantur: fugiat foedam, et insulsam scurrilitatem, variet compositionem, nec omnes clausulas uuo, et eodem modo terminet.