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prima notizia delle sorgenti di nafta o di petrolio che formano una delle principali caratteristiche della regione meridionale del Caucaso, e si trovano in grande abbondanza presso la penisola di Apsceronte o di Baku. Degli scrittori Arabi, l’Istachry e l’Edrisi non fanno cenno delle sorgenti e dei fuochi di Baku, ma il geografo Massudi, posteriore di 30 anni ad Istachry e anteriore di due secoli all’Edrisi, ne parla già estesamente[1]. Due secoli circa dopo Marco Polo, Giosafatte Barbaro, altro viaggiatore veneziano, descrive le sorgenti di Baku in modo conforme a quello del suo immortale compatriota: «Sul mare da questa parte è un’altra città che è nominata Bacha dalla quale è detto il mare di Bacha, appresso la quale è una montagna che butta olio negro di gran puzzo, il quale si adopera ad uso di lucerna da notte, e ad unzione di cammelli due volte l’anno, perché non gli ungendo diventano scabiosi»[2].
Dai capitoli preliminari, assai più diffusi nel Testo francese che non negli altri, nei quali Marco racconta del viaggio di Niccolò e Matteo Polo, risulta che questi attraversarono i paesi a settentrione del Caspio e dell’Aral, e, forse anche, il Syr Daria nel suo corso superiore: nessun cenno si ha tuttavia del bacino dell’Aral, od almeno questo lago vi è considerato come parte integrante del Caspio. Riguardo a quest’ultimo, Marco Polo così si esprime: «In questa provincia (Zorzania, Georgia) tutti i boschi sono di legni di bosso, e guarda due mari, uno dei quali si chiama il Mar Maggiore, quale è dalla banda di tramontana: l’altro di Abacù verso l’oriente, che dura nel suo circuito per duemila e ottocento miglia, ed è come un lago, perché non si mischia con alcun altro mare, e in quello sono molte isole con belle città e castelli»[3]. E, più lungi: «In questo mare di Abacù mettono capo Herdil, Geichon, e Cur e Aras, e molti altri grandissimi fiumi». Dal che si vede che Marco Polo non solo riteneva, giustamente, il Mar Caspio