Pagina:Storia della geografia (Luigi Hugues) - 2.djvu/144

Da Wikisource.

— 138 —

lume. Per ora ci conviene far ritorno alle terre asiatiche, e dire alcuna cosa della scrittura del fiorentino Balducci Pegolotti intorno al viaggio dal mare d’Azov alla Cina, e dei grandi viaggiatori veneziani Nicolò de’ Conti e Giosafatte Barbaro.

46. Balducci Pegolotti. — Grande e nobile testimonio dei viaggi degli Italiani nei tempi che stiamo esaminando è il Trattato della mercatura di questo fiorentino, compilato nell’anno 1335 e pubblicato dal Pagnini nella sua opera sulla Decima. Fra le altre cose il Pegolotti discorre dell’itinerario dalla Tana al Cataio, delle monete, delle vetture e delle provvigioni occorrenti per tale viaggio, aperto e sicuro, come egli dice, per tutti i Franchi, e che compievasi in meno di un anno, nel modo che segue.

Dalla Tana a Gintarchan (Astrachan) si contano 25 giornate di carro tratto da buoi, 10 o 12 giornate se si fa uso di cavalli. Lungo la strada si incontrano molti Moccoli (Mongoli) armati. Da Gintarchan si discende il fiume, e si giunge a Sarai, capitale dell’impero occidentale dei Mongoli, in un solo giorno di navigazione. Da Sarai due strade conducono ad Oltrarre (Otrar sul Syrdaria); l’una, che pare essere quella che si tiene nella state, è la più diretta, e passa al nord del lago di Aral; l’altra, frequentata nell’inverno, attraversa l’istmo che divide questo lago dal Caspio, e conduce ad Organzi (Urghendsch) sull’Oxus inferiore, poco lungi dalla odierna Chiva. E qui noto di passaggio che questo secondo itinerario dimostra l’esistenza isolata del bacino aralico ad oriente del Mar Caspio1. Da Oltrarre si giunge in 45 giorni, con asini carichi, ad Armalecco che il principe Haitho chiama Almalig e indica come una residenza dei principi Mongoli: questo luogo corrisponde, come già si è detto, alla odierna Kulgia sull’Ili. Da Armalecco la strada percorre la regione, relativamente depressa, compresa tra l’Altai e i Monti Celesti, e conduce, in 70 giorni, a Camexu. Questo luogo è da alcuni

  1. Sopra questo argomento veggasi Hugues, Il lago di Aral, pag. 31 e seg.