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di San Marco. Essa comprende il bacino del Mediterraneo e l’Europa, meno il nord della Scandinavia e della Russia, l’Asia sino alla Persia, e l’Afirica sino al Sahara. La costa occidentale africana termina al Caput finis Gozole (Capo Non) così detto dalla tribù berbera dei Guezulah stabilita, in quei tempi, a mezzogiorno dell’Atlante occidentale. È specialmente importante la nota che si legge nella parte S. 0. del Sahara — qualificato come un deserto sabbioso (desertum arenosum) — e dalla quale siamo informati che, assai prima di quel tempo, i Genovesi mantenevano attive relazioni di commercio colle regioni interne del continente africano, e specialmente colla famosa città di Sigelmessa.

Monumento insigne della cartografia medioevale è l’Atlante Nautico Mediceo (anno 1351), il quale si compone di otto tavole in pergamena, di cui la prima è un calendario perpetuo delle fasi lunari, con numerosi esempi che tutti si riferiscono all’anno 1351; prova evidente che l’atlante venne terminato in quell’anno1.

Delle altre carte, la più interessante è il planisfero delle terre allora conosciute, dalla costiera occidentale del Dekhan sino alle coste dell’Atlantico poco prima scoperte. L’Africa vi è già rappresentata colla sua forma piramidale verso mezzodì, e con un grado di esattezza assai maggiore di quello che si riscontra nella Mappa di Marino Snudo, specialmente per i contorni occidentali del continente, lungo i quali si riconosce chiaramente il grande Golfo di Guinea. Che tale giusta rappresentazione non si fondi sopra ricognizioni dirette, è provato dal contenuto stesso della carta, dal quale si vede che le nozioni del cartografo non si estendevano, nella direzione del mezzodì, al di là delle frontiere settentrionali della regione sudanica. Ma, per altro lato, non si può ammettere che, nel delineare la forma generale del continente africano, l’autore siasi lasciato guidare dalla sola fantasia. Basta ricordare che Marco

Hugues, Storia della Geografia, II. 16
  1. Questo atlante, di anonimo autore (probabilmente genovese), si conserva nella Biblioteca Mediceo-Laurenziana di Firenze