Pagina:Storia della geografia (Luigi Hugues) - 2.djvu/29

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sorte, che sotto forma di un compendio molto scarso e disuguale fattone dal grammatico Ermolao, di poco posteriore a Stefano.

7. La Geografia patristica. — Mentre la sfericità della Terra e la esistenza degli antipodi erano concetti divulgatissimi fra gli antichi, anche tra i fautori del sistema geocentrico, senza che alcune poche obbiezioni di poeti e di filosofi valessero a scemare la universalità dell’idea1, lo stesso non è per i Padri della Chiesa, nei quali, secondo la interpretazione letterale della Sacra Scrittura e delle tradizioni bibliche, prevale il concetto del cielo emisferico e della terra pianeggiante. Pare tuttavia che la sfericità della Terra fosse ammessa da Clemente Alessandrino, da Origene, da Sant’Ambrogio e da San Basilio2.

Lattanzio, africano (m. nel 326), combatte strenuamente la teoria degli antipodi. «È egli possibile che si trovi ancora persona tanto sciocca da credere esservi uomini che camminano coi piedi in aria e colla testa all’ingiù? che gli alberi e le frutta crescano colle radici all’inverso? che la pioggia, la neve, la grandine ascendano in luogo di cadere? E mentre si considerano i giardini pensili tra le sette meraviglie del mondo, si possono ritenere e i campi e i mari e le città e le montagne come sospesi nell’aria?»3. Secondo il medesimo scrittore, quelli che pensano il contrario parlano per gioco, e a bella posta prendono a sostenere delle falsità, onde esercitare il loro ingegno e farne pompa malvagiamente4.

Sant’Agostino (354-430) dice, che non è ragionevole cosa quella di credere agli antipodi, ma si dimostra assai più rimesso di Lattanzio nel combattere questa teoria: «Coloro che ammettono la esistenza degli antipodi, egli dice, non affermano


  1. Marinelli, La Geografia e i Padri della Chiesa, pag. 31.
  2. Günther, Die kosmographischen Anschaungen des Mittelalters, nel periodico Deutsche Rundschau für Geographie und Statistik, IV, pag. 253 e 313. Marinelli, Mem. cit., pag. 31.
  3. Lactantius, Divinarum Institutionum, lib. III, cap. 24.
  4. Idem, loc. cit.