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Parte III. Libro I. 107


Libro Primo


Letteratura de’ Romani dalla fondazion di Roma fino al termine della prima guerra Cartaginese

I. L’Abate le Moine d’Orgival in una sua Operetta1, in cui prende a esaminare l’origine, il progresso, e la decadenza degli studj presso i Romani, cerca di liberarli da quella qualunque siasi taccia, che potrebbe in lor derivare dall’opinion ricevuta comunemente, che essi per cinque secoli non conoscessero che l’armi e la marra. Di questo libro non troppo vantaggiosamente hanno parlato gli Autori del Journal des Savans2, e alcuni errori se ne sono notati ancora nelle Memorie di Trevoux3, e nella Storia letteraria d’Italia4; e singolarmente poco probabile è sembrata questa sua proposizione. Confessa egli medesimo, che affermare, che ne’ primi secoli di Roma vi ebber uomini dotti, sembra uno strano e improbabile paradosso. E nondimeno egli non teme di affermarlo. Ma le stesse pruove, ch’egli ne arreca, quando si vogliano esaminare attentamente, giovano a sempre più persuaderci, che questo è di fatti uno strano e improbabile paradosso. Egli afferma, che Romolo fu istruito in tutte le scienze, che al grado di lui, secondo il costume di quel tempo, si convenivano; e il pruova coll’autorità di Plutarco, ove dice, che Romolo, e Remo impararono le lettere ed altre cose, che d’ingenui fanciulli eran propie5. Ma io non veggo, perché questo passo di altre scienze intender si debba, fuorché di quella de’ primi elementi, e degli esercizj del corpo allora usati, che noi ora diremmo Arti Cavalleresche. Aggiugne, che il formare che fece Romolo i suoi Romani a grandi e magnanime imprese ci dà motivo di affermare, ch’egli non ommettesse le scienze e le arti, che sono il più bello ornamento e la principal gloria di uno Stato. Ma non si pruova, che così fosse veramente, e niun

  1. Considerations sur l’Origine & progrès des belles lettres chez les Romains &c. pag. 1. &c.
  2. Anno 1750, p. 616
  3. Anno 1750, Fevr. Alt. XXI V
  4. T. IV. p. ^5^
  5. In Romulo