Pagina:Storia della letteratura italiana - Tomo I.djvu/344

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ex quo efficitur illud, ut is agnoscat Deum, qui, unde ortus sit, quasi recordetur ac noscat. E in un frammento del libro de Consolatione da lui scritto due anni soli innanzi morte, serbatoci da Lattanzio25

Nec vero Deus ipse, qui intelligitur a nobis, alio modo intelligi potest, nisi mens soluta

quædam ac libera, segregata ab omni concretione mortali, omnia sentiens ac movens 26. Da tutte le quali cose a me apre di poter conchiudere probabilmente, che né Ateo né Sceptico fu Cicerone, ch’egli ebbe lume a conoscer que’ dogmi, che dalla ragione ci vengono insegnati, e che, se ne’ suoi libri sembra talor dubitarne, ciò non fu, perché veramente ne dubitasse, ma o perché non voleva, secondo il costume della sua Setta, troppo chiaramente spiegarsi, o perché si adattava alle persone, a cui volgeva il discorso, o perché finalmente le tenebre del Gentilesimo, fralle quali era involto, e le passioni sue stesse talvolta lo ingombravan per modo, che quel lume ancora in lui oscuravano, che soleva comunemente risplendergli alla mente. Veggasi su questo proposito una bella Dissertazione dell’Oetellio27, in cui pruova, quanto giustamente sentissero Cicerone e Platone intorno l’immortalità dell’anima, e confuta le ragioni dell’Inglese Warburton, che di questi due valentuomini avea fatti due Atei. E veggansi ancora i più recenti Apologisti della Religione, i quali trattando di questo argomento medesimo hanno ribattuto il sentimento di alcuni moderni Filosofi, e 179 particolarmente degli Enciclopedisti, i quali28 hanno affermato, che quasi tutti gli antichi filosofi, e nominatamente Cicerone, negarono che l’anima fosse immorta