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udj e alla sua Biblioteca. Le sentenze tutte de’ migliori Filosofi avea egli diligentemente studiato, e valevasene più a regolamento della sua vita che ad ostentazion di sapere. Le antichità Romane furono il principal suo studio, e parlando degli Storici già abbiam vedute le belle Opere, che in tal maniera avea egli scritte. Dilettossi ancora di Poesia, e celebri erano singolarmente alcuni elogj in pochi versi da lui tessuti a’ più illustri uomini della Repubblica. Né solo egli era uom colto, e in tutte le belle arti versato; ma colti voleva ancora che fossero i suoi schiavi, e tutti que’, che componevano la sua famiglia. Quindi, come dice Cornelio Nipote, che tutte queste notizie ci ha tramandate, niuno eravi tra’ suoi famigliari, che non sapesse e leggere e scrivere con eleganza. Un uomo di tal carattere dovea necessariamente essere amante di libri d’ogni maniera. In fatti una bella Raccolta avevane Attico; e Cicerone se n’era invaghito per modo, che temendo per avventura, che Attico volesse privarsene, più volte il pregò a non farlo, ma a tenerli, poiché sperava un giorno di farli suoi. Libros tuos, così egli scrive17 , conserva, & noli desperare eos me meos facere posse; quod si assequor, supero Crassum divitiis, atque omnium vicos & prata contemno; e di nuovo18
- Bibliothecam tuam cave cuiquam despondeas, quamvis acrem amatorem
inveneris; nam omnes meas vindemiolas eo reservo, ut illud subsidium senectuti parem. E avendogli Attico data parola, che a lui l’avrebbe serbata, non ancor di ciò pago di nuovo gli scrive19
- Libros vero tuos cave cuiquam tradas: nobis eos, quemadmodum scribis, conserva:
summum me eorum studium tenet, sicut odium jam ceterarum rerum.
VI. Queste espressioni di Cicerone sulla Biblioteca di Attico come ci fan conoscere, che scelta e pregevole doveva ella essere, così ancora ci danno una giusta idea della premura, che di raccoglier libri avea Cicerone. E in vero questo grand’uomo parla sì spesso nelle sue lettere della sua Biblioteca, che per poco non si crederebbe, ch’egli altro pensier non avesse fuorché de’ libri. Quando ei ne ragiona, non vi ha picciolissima cosa, a cui egli non pensi. Perbelle feceris, scrive egli tornato dal