Pagina:Storia della letteratura italiana - Tomo I.djvu/45

Da Wikisource.
6 Storia della Letteratura Italiana.

VI.

Ma non è certo che le apprendessero dagli Egiziani.

E primieramente se fosse certo, che gli Etruschi traessero l’origin loro dagli Egiziani, come il Senator Buonarroti ha conghietturato1, sarebbe questo non dispregevole argomento a raccoglierne il lor valore nelle scienze. Non v’ha chi non sap-

    mè d’ailleurs par plusieurs anciens Ecrivains, particulierement par ceux de leur propre Nation, mais plus clairement par ce que Pline dit d’un Espagnol nommè Lartius Licinius, qui donna une somme immense pour un Livre des Commentaires de Pline II., cioè di Plinio il Vecchio, ed è perciò anche questo esempio recente assai. Questo passo è ben diverso da quello, che reca l’Ab. Lampillas. Quì non si vede indicata sorte alcuna di preferenza di tempo della letteratura degli Spagnuoli sopra tutte le altre nazioni, trattine i libri, che al tempo di Strabone aveano già 6000 anni di età; sul qual punto lascerem, ch’essi se la intendano co’ Cinesi. Né io voglio perciò accusare l’Ab. Lampillas di avere alterato questo passo. Forse egli ha avuto tralle mani o l’originale Inglese, o qualche altra versione diversa dalla mia: forse questo passo trovasi in qualche altro tomo di quella storia, che a me non è riuscito di ritrovare. Io crederò qualunque altra cosa piuttosto che credere l’Ab. Lampillas reo di sì vergognosa alterazione. Ma ancorché questo passo, qual egli il reca, trovisi veramente nella detta storia, io lo prego a dirmi, come mai ne discenda la conseguenza, ch’egli ne trae (p. 10). Ora dunque o l’Ab. Tiraboschi non pretenda dar questa gloria agli Etruschi, o confessi, che i detti Inglesi non hanno oltre portata la gloria degli Etruschi assai più, che da nessun Italiano sia mai stato fatto. Io non so, di qual logica egli abbia fatto uso. Sia pur vero tutto ciò, che egli, e, secondo lui, gl’Inglesi dicono degli Spagnuoli. Sia vero, che questi cento secoli prima degli Etruschi abbian coltivate le lettere. Sarà egli falso perciò, che i medesimi Inglesi nel passo da me recato nella mia storia abbian portata la gloria degli Etruschi più oltre che da niun Italiano siasi mai fatto? Io ne rimetto il giudizio al più acuto professore di dialettica, che abbia l’Europa. Debbo qui protestarmi una volta per sempre, che se nelle risposte, che secondo l’occasione io darò all’Ab. Lampillas, parerà talvolta, ch’io esalti l’Italia sopra la Spagna, io son ben lungi dal farlo, perché non abbia della nazione Spagnuola quella giusta stima, che tutti i saggi le accordano. Protesto, che è falsissima e calunniosa l’accusa, che mi dà l’Ab. Lampillas, d’avere usata una singolar arte a fine di sfigurare i veri originali lineamenti della letteratura Spagnuola (Tom. II p. 294). Protesto, che non m’è mai caduto neppure in pensiero questo disegno indegno di un uomo onesto, ch’egli mi attribuisce. Ho scritto senza riguardo alcuno allo spirito nazionale ciò, che ho creduto vero. Se in alcuna cosa ho errato, l’errore è nato dalla mia ignoranza, non da alcuna maliziosa intenzione. Rispetto la nazione Spagnuola, rispetto i dottissimi uomini, ch’ella in ogni tempo ha prodotti, e son ben lungi dall’adottare i sentimenti di disprezzo, con cui alcuni autori singolarmente Francesi, e anche alcuni Spagnuoli (ch’io indicherò all’Ab. Lampillas, se mai non li conoscesse) ne hanno scritto. E frutto di questo mio rispetto sarà la moderazione, ch’io procurerò di usare all’occasione in queste mie note, nelle quali mi guarderò sempre dal volgere in discredito della nazione ciò, ch’io dovrò dire di qualche scrittore particolare. L’unica cosa, nella quale ei può rinfacciarmi di aver tacciata generalmente la nazione

  1. Supplem. ad Dampst. pag. 103.