Pagina:Storia della letteratura italiana I.djvu/129

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un cielo, e vi gusta il bene degl’immortali, obumbrandola Dio di un gran fuoco d’amore. Nella estasi o visione o esaltazione di mente, è gittata giù, e le pare come se l’anima sia partita dal corpo. Il corpo pareva quasi venuto meno. Le membra del corpo, dice Caterina, si sentivano dissolvere e disfare come la cera nel fuoco. E altrove: «Nel corpo a me non pareva essere, ma vedevo il corpo mio come se fosse stato un altro». Questi ardori d’anima, queste illuminazioni di mente, questi martirii d’amore sono espressi con una semplicità ed evidenza, che testimoniano la sua sincerità. L’anima innamorata e ansietata d’amore, affogata dal desiderio crociato o della croce, annegata la propria volontà nell’amore del dolce e innamorato Verbo, vive nel corpo, come fosse fuori di quello. Posto il suo amore al di là della vita, vive morendo, dimorando con la mente al di là della vita. Ma questa morte spirituale non l’appaga; muojo e non posso morire, dice la Santa. Gli ultimi giorni furono battaglie con le dimonia e colloquii con Cristo, e a trentatrè anni finì la vita, consumata dal desiderio.

La Commedia dell’anima è ora pienamente realizzata nel suo aspetto religioso, come espressione letteraria. Quell’anima ora ha un nome, è una persona, Alessio, Eugenia, Caterina. Il demonio e la carne sono un mondo pieno di vita ne’ racconti del Passavanti. Quelle virtù allegoriche che escono in processione sulla scena sono le opere, le volontà, le passioni e i pensieri de’ santi. E la divina commedia, la trasfigurazione e la glorificazione dell’anima, la Beatrice che torna bianca nuvoletta in cielo tra i canti degli angioli, vi sono estasi, rapimenti dell’anima, colloquii con Dio, mistica unione con Cristo, e dopo la morte la santificazione, o la contemplazione nell’eterna luce. Quel concetto è uscito dall’astrattezza della scienza