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dal cuore. In quei tempi di lotte così accese il sentimento della concordia era tanto più vivo negli animi buoni e onesti, da Albertano a Caterina. E non so che in Caterina si trovino parole nella loro semplicità così affettuose come queste di Dino: «Signori, perchè volete voi confondere e disfare una così buona città? Contro a chi volete pugnare? contro a’ vostri fratelli? Che vittoria avrete? non altro che pianto».
Tutti giurarono; e Dino aggiunge con amarezza: i malvagi cittadini che di tenerezza mostravano lacrime, e baciavano il libro, furono i principali alla distruzione della città. Povero Dino! e si affligge il bravo uomo e si pente, e di quel sacramento molte lacrime sparsi, pensando quante anime ne sono dannate per la loro malizia.
Carlo venne, e dietrogli, dicendo che veniano a onorare il signore, lucchesi, perugini, e Cante d’Agobbio e molti altri, a sei e dieci per volta, tutti avversarii dei Cerchi: ciascuno si mostrava amico. Dino fece il ponte d’oro al nemico che entra, contro il proverbio. E Carlo ebbe in Firenze 1200 cavalli.
Che fa Dino? Sceglie quaranta cittadini di amendue le parti, perchè provveggano alla salvezza della terra. Ciò che ci era negli animi, è qui scolpito in pochi tratti. «Quelli che avevano reo proponimento, non parlavano; gli altri aveano perduto il vigore. Baldino Falconieri, uom vile, dicea: Signori, io sto bene, perchè non dormia sicuro». Lapo Saltarelli, per riamicarsi il papa, ingiuria la Signoria, e tiene in casa nascosto un confinato. Albertano del Giudice monta in ringhiera, e biasima i Signori. Pare coraggio civile, ed è viltà e diserzione. I nemici tacciono. Gli amici ingiuriano, per farsi grazia. Cominciano i tradimenti. I Priori scrissero al papa secretamente; ma tutto seppe la parte nera, perocchè quelli che giurarono credenza non la tennono.