Pagina:Storia della letteratura italiana I.djvu/363

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notomia minuta di ogni pensieruzzo mette più in vista la volgarità e insipidezza dell’idea. La forma si stacca visibilmente dalla cosa, e appare un meccanismo ingegnoso, lavorato accuratamente e sempre quello. Cosa c’è sotto? Il luogo comune. Questo fu chiamato più tardi forma letteraria. E non c’è cosa più contraria alla scienza, che è parola e non frase, e mal si riconosce nelle circonlocuzioni, nelle perifrasi e ne’ pleonasmi. In questo artificio ci è un progresso; ci è quell’arte de’ nessi e delle gradazioni, che mancava alla prosa, e rivela uno spirito adulto, educato dai classici. Ma ci è il difetto opposto, un volere di ogni idea fare una catena cominciata e terminata in sè, ciò che è un pantano, e non acqua corrente. Il Boccaccio odia gli scolastici; ma il suo periodo non è che sillogismo mascherato, una frase generica, come umana cosa è aver compassione degli afflitti, che per molti andirivieni riesce in qualche volgare moralità. Il formulario è divenuto un meccanismo ben congegnato; ma il fondo è lo stesso. Vedi lo scolastico vestito a nuovo e più alla moda. Se l’ampio giro del periodo boccaccevole è una catena artificiale dove la scienza perde la sua semplicità ed elasticità e la sua libertà di movimento, non è meno assurdo nell’espressione del sentimento, la forza più libera e indisciplinabile dello spirito che spezza tutti i legami della logica e sbalza fuori con rapidità. I bruschi e tragici movimenti dell’animo qui sono come cristallizzati tra congiunzioni, parentesi e ragionamenti. Manca ogni subbiettività: ti è difficile guardare al di dentro nella coscienza, i casi sono straordinari, i fatti interessanti, le situazioni drammatiche, e non ti viene la lagrima, e non ti senti commosso, perchè l’anima non si manifesta che in frasi comuni e rigirate. Veggasi la novella di madama Beritola, e l’altra del conte d’Anguersa, ove tra’ più pietosi accidenti e mutazioni della fortuna non si muta la forma, sempre attillata e guantata. Pure qua e là si sente

 De Sanctis ― Lett. Ital. Vol. I 23