Pagina:Storia della letteratura italiana I.djvu/465

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traddizione con la civiltà italiana, avendo per base la reintegrazione dello spirito e l’indifferenza delle forme, cioè a dire negando quella sola divinità che era rimasta viva nella coscienza italiana, il culto della forma e dell’arte. Una riforma religiosa non era più possibile in un paese coltissimo, avvezzo da lungo tempo a ridere di quella corruttela, che moveva indignazione in Germania e che avea già cancellato nel suo pensiero il Cielo dal libro dell’esistenza. L’Italia avea già valica l’età teologica, e non credeva più che alla scienza, e dovea stimare i Lutero e i Calvino come de’ nuovi scolastici. Perciò la Riforma non potè attecchire fra noi e rimase estranea alla nostra coltura, che si sviluppava con mezzi suoi proprii. Affrancata già dalla teologia, e abbracciando in un solo amplesso tutte le religioni e tutta la coltura, l’Italia del Pico e del Pomponazzi, assisa sulle rovine del medio evo, non potea chiedere la base del nuovo edificio alla teologia, ma alla scienza. E il suo Lutero fu Nicolò Machiavelli.

Il Machiavelli è la coscienza e il pensiero del secolo, la società che guarda in sè e s’interroga, e si conosce; è la negazione più profonda del medio evo, e insieme l’affermazione più chiara de’ nuovi tempi; è il materialismo dissimulato come dottrina, e ammesso nel fatto e presente in tutte le sue applicazioni alla vita.

Non bisogna dimenticare che la nuova civiltà italiana è una reazione contro il misticismo e l’esagerato spiritualismo religioso, e per usare vocaboli propri, contro l’ascetismo, il simbolismo e lo scolasticismo: ciò che dicevasi il medio evo. La reazione si presentò da una parte come dissoluzione o negazione: di che venne l’elemento comico e negativo che dal Decamerone va sino alla Maccaronea. Ma insieme ci era un lato positivo, ed era una tendenza a considerare l’uomo e la natura in sè stessi, risecando dalla vita tutti gli elementi sopraumani e so-